L'origine di frugale - come vengono definiti gli Stati del Nord Europa più rigorosi - è il latino tardo frugalis, un derivato di frux (frutto, raccolto). Nell'affiancare un altro aggettivo disceso da frux, l'indeclinabile frugi, già attestato in età classica, frugalis ne aveva assorbito gran parte dei significati principali: sobrio o moderato, parco o regolato, semplice o modesto, temperato o misurato.
A tavola la frugalità è la moderazione nel mangiare, la capacità di scegliere cibi sani e naturali, la modestia - o la genuinità, la semplicità, la freschezza - del pasto consumato: un pranzo pantagruelico esprime tutta l'esagerata sontuosità di un banchetto destinato ai facili palati di famelici ghiottoni; una cena luculliana è più adatta a commensali che siano dei raffinati buongustai; un frugale rinfresco è il pasto salubre e leggero di chi spizzica, pilucca o si limita - con nonchalance, o noncuranza del piatto - allo stretto necessario. La morigeratezza è in gioco anche quando la frugalità è riferita all'abito morale di un singolo individuo o ai vari modi del suo comportamento (abitudini, costumi, atteggiamenti), oppure al Volksgeist di una nazione, al suo spirito (o al carattere, al genio, all'identità del suo popolo).
Una persona frugale non oltrepassa mai la giusta misura, si tiene al riparo da eccessi e sregolatezze, si rapporta al mondo con una parsimoniosa delicatezza mista ad attenzione ed equilibrio, avvedutezza e austerità. Ammoniva però Pietro Verri, ritenendo il lusso un «bene politico», in un articolo uscito sul Caffè (Considerazioni sul lusso, 1764): «La sperienza c'insegna che le virtù sociabili, l'umanità, la dolcezza, la perfezione delle arti, lo splendore delle nazioni, la coltura degl'ingegni sono sempre andate crescendo col lusso; quindi i secoli veramente colti sono stati i secoli del maggior lusso e, per lo contrario, i secoli più frugali e parchi sono stati quei ferrei secoli, ne' quali le passioni feroci degli uomini fecero lordar la terra di sangue umano, e sparsero la diffidenza, l'assassinio e il veleno nelle società, divenute covili d'infelici selvaggi».
A un passo dalla frugalità, che qui è arricchita dalla semantica dell'accortezza nello spendere, c'è - non vorrei dir l'avarizia, che pur la rasenta - un pizzico di meschina piccineria: «È un po' gretto costui, frugal si dica». Questo era un giovanissimo Manzoni, traduttor d'Orazio.
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