I dati riportati dall'ultima ricerca della Fondazione Nord-Est, firmata da Gianluca Toschi, non sono del tutto nuovi, ma ugualmente meritano di essere esaminati, poiché attestano un declino economico da cui si può uscire soltanto con una svolta netta e coraggiosa. Basti partire da questo: nel 2000 il Pil pro capite era del 22% al di sopra di quello della media europea, mentre dopo vent'anni è del 6% inferiore. Lo studio evidenzia come a essere in crisi non è il Mezzogiorno, oppure il Sud, ma l'Italia nel suo insieme, che è oppressa da tasse e regole.
L'intera penisola patisce insomma una lenta crescita che sta progressivamente marginalizzando la nostra economia e che, oltre a ciò, sta offrendo prospettive sempre meno rosee alle nuove generazioni. Il divario tra il Veneto e la Basilicata rimane, certamente, ma la prima perde 37 posizioni in classifica e la seconda 30. La distanza rimane, ma entrambe le economie stanno peggiorando il loro ranking nel quadro europeo. Alcune regioni italiane due decenni fa si collocavano al sopra della media Ue e lo restano ancora oggi, ma con un differenziale molto più basso: la Lombardia aveva un Pil del 62% superiore alla media e ora è soltanto del 23% al di sopra, mentre l'Emilia Romagna era al 51% sopra la media e ora ha soltanto un 13% in più. Stesso declino per chi era già messo male: la Campania aveva un pil individuale sotto il 18% della media e ora sotto del 39%; la Sicilia era sotto del 22% e ora è inferiore alla media del 42 per cento.
Tutti stiamo peggio perché tutti subiamo una presenza oppressiva dello Stato, anche perché abbiamo una pressione fiscale altissima (siamo secondi solo alla Francia) e un debito pubblico egualmente da primato. E quindi tutti avremmo la necessità di conoscere una vera e propria rivoluzione liberale, in grado di semplificare la vita a chi vuole intraprendere e rimettere in modo gli spiriti animali.
L'attenta comparazione offerta dalla Fondazione Nord-Est obbliga anche a constatare quanto questa Italia declinante resti comunque molto divisa al proprio interno e come abbia bisogno di risposte differenziate: perché è difficile pensare che le regioni che si collocano in fondo alla classifica europea possano avere la medesima tassazione e regolazione (e i medesimi contratti nazionali e salari pubblici) di quelle che invece, nonostante tutto, restano al di sopra della media Ue.
È allora necessario abbassare le imposte (quale che sia lo strumento da adottare: la flat tax o altro) e sfoltire a colpi di machete la selva di norme e regolamenti. Oltre a ciò, è pure necessario ridare capacità di autogoverno alle varie realtà, chiamandole a competere e a farsi attrattive: capaci di fare tutto il possibile per evitare la fuga dei cervelli, attirare investimenti, motivare quanti hanno voglia di fare.
Lo statalismo italiano ha depresso l'intera economia, facendo deragliare anche quella che un tempo era la «locomotiva del Nord-Est»: come evidenzia la fondazione legata agli imprenditori di Veneto, Trentino e Friuli. Oggi c'è bisogno di un cambio di paradigma, capace di mettere tutti nelle migliori condizioni per crescere.
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