Non è una «bambinata», è lei che è una bambina, la vittima. O almeno lo era prima di questo scempio. Forse dovremmo ringraziare tutti il sindaco di Pimonte (paesino di seimila anime incastonato tra Castellammare e la costiera amalfitana), Michele Palummo. Lo dovremmo ringraziare perché è anche per «merito» suo se riusciamo a spiegarci ciò che normalmente, umanamente, sarebbe al contrario incomprensibile. Una ragazzina di quindici anni stuprata da dodici coetanei compreso il suo «fidanzato», non è una cosa che riesci ad addomesticarti in testa. Ma poi arrivano quelli come Palummo (perché temiamo che come lui ci sia anche qualcun altro), che intervistato dai microfoni di La7, a «L'aria che tira», lo scorso 3 luglio, ha liquidato la violenza definendola «una bambinata».
Sì, lo sappiamo che poi si è scusato, o ha quantomeno corretto il tiro. Ma non ce ne frega niente. È una violenza talmente raccapricciante anche solo da immaginare, che tra tutti i termini che ti possono venire in mente per definirla, di certo non c'è «bambinata». Lui invece l'ha usato. Banalizzando, derubricando, minizzando, un'orrida violenza. Punendo con un simbolico scappellotto verbale, gli aguzzini di una quindicenne. Riducendo a «bambinata»un'atrocità che dividerà per sempre la vita di questa ragazzina tra «prima» e «dopo». Deresponsabilizzando dodici stupratori di quindici anni. Uno stupro è uno stupro. E dal nostro punto di vista all'orrore si aggiunge l'orrore se è fatto in branco. E dal nostro punto di vista all'orrore si aggiunge orrore se il branco è composto da meno che uomini. Chissà di cosa saranno capaci un giorno... Specie se nutriti da imperdonabili perdoni. Nel tentativo di giustificarsi, Palummo, ha tirato in ballo il fatto di essere padre, nonno e di essere stato insegnante per oltre quarant'anni. E più parlava, più peggiorava la sua posizione. Più spiegava, meno rendeva comprensibile il fatto che con le sue parole «è stata una bambinata» mettesse a tacere tutto.
Tutto quello che è successo a Pimonte, «paese pulito, sano, fatto di persone perbene, di onesti lavoratori» si è affrettato a puntualizzare il sindaco. Sarà per questo che la vittima-e-diciamo-vittima dello stupro-e-diciamo-stupro si è trasferita in Germania con tutta la famiglia, quando tre dei «bambinoni» violentatori sono stati reintegrati.
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