Se il vecchio si traveste da novità

Se il vecchio si traveste da novità

Di memoria noi italiani ne abbiamo sempre avuta poca. Siamo naturalmente inclini alle rimozioni, alle mistificazioni, alle ricostruzioni di comodo. Ci piace illuderci, detestiamo fare i conti con la realtà. Perciò ci siamo darwinianamente adattati con estrema facilità all'epoca dei social e della post verità, vivendo senza pena in un eterno presente come effimere inconsapevoli del passato e per natura indifferenti a qualsivoglia futuro. Non è dunque strano che un governo vecchio venga percepito come una novità. Non è strano che un premier replicante reduce da un fallimento politico come Conte riscuota la fiducia dell'uomo nuovo, che un partito nuovo in piena crisi di identità come il Movimento 5stelle trasmetta a più d'uno l'affidabilità dei veterani, che un partito vecchio e tecnicamente fallito come il Pd generi singolari aspettative, che un leader navigato come Renzi riediti uno schema già noto assieme a compagni di viaggio incompatibili col suo progetto e perciò animato dal consueto istinto dello scorpione. La loro forza non dipende da quel che sono, ma dal non essere Matteo Salvini. Si può capire, ma non basta. Basta per riscuotere il consenso degli operatori finanziari, dell'Europa, degli Stati Uniti, della Nato, del Quirinale, del Vaticano, dei media... comprensibilmente sollevati per lo scampato pericolo. Il pericolo dell'instabilità, della cieca furia distruttrice e del velleitarismo. Non basta per dare sostanza e credibilità politiche a questo bizzarro ircocervo nato da una somma di calcoli, di paure e di menzogne.

A pochi giorni dalla stesura della manovra finanziaria nessuno è ancora in grado di dire quale direzione intenda prendere il governo e quale sia la sua visione. Si erano presentati sotto la bandiera della responsabilità nazionale. Le sentinelle dei conti pubblici, i risanatori dello Stato, quelli che ebbero tagliato davvero le tasse. Faranno invece una manovra in deficit, aumenteranno di 15 miliardi il debito, accresceranno la pressione fiscale di 11 miliardi, non ridurranno la spesa pubblica, non smantelleranno le riforme più dissennate: il reddito di cittadinanza, quota cento, il taglio dei parlamentari.

A parte le

buone maniere e lo spirito europeista, il governo nuovo è perfettamente in linea con il governo vecchio. Ma la memoria è labile, il bisogno di credere forte: ancora per un po' gli italiani fingeranno di non accorgersene.

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