Mancano 20 giorni all'inizio della scuola e ancora si naviga a vista. Servono 20mila aule alternative per un totale di circa 400mila studenti e i Comuni sono impegnati in una corsa contro il tempo per trovare spazi. Il ministro Lucia Azzolina dice «basta alle classi pollaio» e certi Comuni stanno organizzando mega-container per le lezioni. La scuola inizia il 14 settembre e le prime forniture di banchi scolastici gestite dal commissario Domenico Arcuri, che dopo i flop dei ritardi sulle mascherine e dell'app Immuni, ha pure ricevuto l'incarico di gestire la ripartenza scuola, arriveranno solo a partire dall'8 settembre. Le certezze finiscono qui. Anche il professor Carlo Cottarelli, più noto come mister Spending review, per il suo incarico da commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica, è allibito per ciò che vede e legge ogni giorno.
Professor Cottarelli, che idea si è fatto sul caos scuola?
«Beh, effettivamente è da marzo che le scuole sono chiuse: marzo, aprile, maggio, giugno, luglio e agosto. Sono passati sei mesi e non si è riusciti a trovare delle soluzioni. Eppure era ovvio già dall'inizio che il problema non si sarebbe risolto con l'estate e che il nodo scuole si sarebbe presentato a settembre. E oggi siamo di fronte ad una questione molto seria. Altri Paesi hanno riaperto, sia pure con delle eccezioni, e noi ancora no».
Questo che cosa comporterà, secondo lei?
«È un danno permanente al nostro sistema scolastico, ai nostri ragazzi, perché già aver perso sei mesi è stato un danno enorme, in più adesso non sappiamo nemmeno come ne usciremo: ciò è abbastanza angosciante. Il capitale umano richiede tempo per essere formato. Spero che il governo questo lo sappia».
Anche bandi e forniture, nonostante le promesse, sono nel caos. Che ne pensa?
«Che non capisco, ad esempio, queste nuove scuole con i banchi a rotelle. Premetto che non sono un esperto e non voglio fare polemica, è solo una curiosità. Non capisco come i banchi a rotelle dovrebbero ridurre la mobilità rispetto ad un banco fisso. Una volta spostato e distanziato, quello sta là, o no?».
Altre perplessità?
«Non capisco nemmeno come si fa a non aver attrezzato già le scuole con i termoscanner per misurare la temperatura dei ragazzi all'ingresso. È vero che bisogna responsabilizzare le famiglie, ma in mezzo a tante famiglie responsabili ce ne sarà sempre una che magari, non sapendo dove lasciare suo figlio la mattina, a scuola ce lo manda lo stesso anche con la febbre. Ci misurano la febbre in ristoranti, hotel e supermercati, non vedo perché non farlo a scuola. È solo una questione di buon senso».
Nel mirino anche l'obbligo di mascherina.
«È vero. Si è dato autonomia ai vari istituti di farla indossare o meno. Ma allora che ci sta a fare il ministero della Salute se non dà delle regole chiare valide per tutti? Vorrei però non semplificare troppo le cose: ci saranno pure delle buone motivazioni da parte del governo, però allora dovrebbe spiegare a tutti sul perché si fanno certe scelte piuttosto che altre, altrimenti il cittadino non viene trattato da cittadino ma da suddito».
In tutta Italia servono 20mila aule alternative. Ce la faranno?
«Che siamo in ritardo è sotto gli occhi di tutti. È vero che si tratta di una situazione di emergenza, ma vedo che in altri Paesi si sono mossi prima».
Perché secondo lei siamo sempre in ritardo?
«Perché da noi la scuola non viene vista con l'importanza che merita e ciò va a detrimento dei nostri ragazzi: già ne abbiamo
pochi, se poi vengono anche mal istruiti, è finita. Lo Stato sovraccarica troppo di responsabilità gli insegnanti che spesso sono eroici nelle loro iniziative, ma che forse non siamo in grado di aiutare nel giusto modo».
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