Si approfondisce il contrasto tra la Casa Bianca e il premier israeliano dopo che, una settimana fa, Benjamin Netanyahu aveva contraddetto il presidente degli Stati Uniti affermando che Israele avrebbe «garantito la sicurezza a Gaza per un periodo indefinito dopo la fine della guerra». Ieri il segretario di Stato americano Antony Blinken aveva chiesto chiarimenti a Netanyahu anche sulla sua dichiarazione di non voler cedere il controllo di Gaza all'Autorità nazionale palestinese, oggi rappresentata in Cisgiordania dal presidente Mahmoud Abbas, noto come Abu Mazen.
Netanyahu ha dunque risposto alle domande di Dana Bash della Cnn, ma non con le parole che Joe Biden e Blinken avrebbero preferito udire. Il premier israeliano si è detto certo che al suo posto un presidente americano avrebbe fatto le stesse scelte: «È stato chiesto qualcosa a Roosevelt dopo Pearl Harbor o a Bush dopo l'11 settembre? E cosa farebbero gli Stati Uniti se avessero avuto 50mila morti e 10mila ostaggi? E se questi assassini ha incalzato si nascondessero in scuole e ospedali? Questa è la battaglia della civiltà contro la barbarie, con Hamas nessuno di noi avrà un futuro».
Dana Bash ha chiesto a Netanyahu se fosse pronto ad assumersi adesso la responsabilità del disastro del 7 ottobre, ma la risposta non è arrivata: «Ci sarà tempo ha detto il leader israeliano per le domande difficili, che pure è giusto porre. Ma ora è il tempo di unire Israele per ottenere la vittoria. Il nostro primo obiettivo ha precisato - è la distruzione di Hamas, il secondo la liberazione degli ostaggi»: notevole distinzione, considerata la prassi israeliana di fare ampie concessioni ai nemici pur di ottenere il ritorno di ostaggi vivi o morti e la collera che i parenti dei 200 israeliani prigionieri a Gaza manifestano ogni giorno nelle piazze.
Sulla questione del dopoguerra stadio cui non sembra aver fretta di arrivare il premier israeliano insiste nel deludere l'alleato americano. «La prossima amministrazione civile di Gaza ha detto dovrà collaborare a smilitarizzare e deradicalizzare la Striscia», e pare chiaro che intenda «con noi». Quanto alle critiche sulle vittime civili palestinesi, nessuna concessione: Israele, ha insistito, fa di tutto per ridurle al minimo ed è Hamas semmai a dimostrare con i fatti di non voler fare nulla per ottenere lo stesso risultato, nascondendo i suoi comandi sotto gli ospedali, lanciando razzi dalle scuole e ostacolando il deflusso dei civili dalle zone di guerra che Israele rende possibile concedendo quotidiane ore di tregua.
Netanyahu se l'è presa ancora con il segretario generale dell'Onu Guterres, che accusa Israele invece di Hamas, ed è tornato a chiedere alla comunità internazionale sostegno per il suo Paese aggredito da Hamas, che «è il male puro».
Qualche importante risposta è arrivata, e non solo dalla grande manifestazione di ieri a Parigi con centomila persone contro l'antisemitismo: il presidente francese Macron ha telefonato al collega israeliano Herzog per assicurargli che le sue recenti critiche riguardavano solo il rispetto dei civili e non il diritto assoluto di Israele a reagire a un'aggressione brutale, mentre il cancelliere tedesco Scholz si è detto contrario a «un cessato il fuoco immediato» a Gaza. Perfino l'Ue, per bocca di Josep Borrell, ha condannato Hamas per «l'uso di ospedali e civili di Gaza come scudi umani». Resta da vedere cosa dirà un contrariato Biden a un Netanyahu che non ha mai amato.
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