
«Abbiamo bisogno della Groenlandia per la sicurezza internazionale. Ne abbiamo bisogno. Dobbiamo averla. Odio dirlo in questo modo, ma dobbiamo averla». Incurante delle polemiche degli ultimi giorni, Donald Trump rilancia le sue mire territoriali sull'isola, che è un territorio autonomo danese, in teoria alleato della Nato. E lo fa alla vigilia del viaggio del suo vice JD Vance, che ha gettato ulteriore benzina sul fuoco nei rapporti con le autorità locali dell'isola, con Copenaghen e, in ultima analisi, con l'Unione europea. Tutto questo, alla luce dello scandalo della chat su Signal, nella quale lo stesso Vance e il segretario alla Difesa Pete Hegseth si erano espressi con toni dispregiativi nei confronti degli alleati europei, riguardo all'impiego della potenza militare Usa per mettere in sicurezza la navigazione nel Mar Rosso dagli attacchi dei ribelli Houthi in Yemen. «Odio dover salvare l'Europa», aveva scritto Vance sui «parassiti» del Vecchio Continente. «Sono Patetici», gli aveva fatto eco il capo del Pentagono. Europei «parassiti» anche per lo stesso Trump, che aveva confermato i commenti del suo vice. Serve una rapida cronologia degli eventi per tentare di comprendere la strategia della Casa Bianca. Prima, l'annuncio delle visite coincidenti, ma separate nella loro logistica, del consigliere per la Sicurezza nazionale Mike Waltz e del segretario all'Energia Chris Wright, e della «second lady» Usha Vance. Già questo aveva spinto il premier groenlandese uscente Mute Egede ha parlare di «aggressione americana» e a lamentare il «casino» suscitato sull'isola dall'annuncio delle visite: l'arrivo all'aeroporto di Nuuk degli Hercules dell'Air Force con i Suv blindati; l'invio da Copenaghen di un contingente di polizia per rafforzare la sicurezza. Un nervosismo, quello delle autorità locali, alimentato dalla transizione politica in corso, dopo la vittoria nelle recenti elezioni degli indipendentisti moderati del Demokraatit Party, e dalle parole pronunciate da Vance in un'intervista a Fox News.
La Danimarca «non è un buon alleato», l'accusa del vice di Trump, che ribadiva la necessità per gli Usa di «acquisire un maggiore interesse territoriale» sull'isola. Tanto, la sua conclusione, «a Trump non interessa quello che pensano gli europei». Toni poi smorzati dallo stesso tycoon, che aveva escluso che le visite delle due delegazioni Usa fossero una «provocazione».
Si tratta di un gesto di «pura amicizia», fatto dopo i ripetuti inviti ricevuti. Inviti, per inciso, subito smentiti dalle autorità locali. La premier danese Mette Frederiksen ribadiva a Washington la necessità di una cooperazione «fondata sul rispetto», mentre da Bruxelles una portavoce della Commissione assicurava alla Danimarca e alla Groenlandia il pieno sostegno della Ue. Poi, il rilancio di Vance. Martedì, a sorpresa, il vice di Trump ha annunciato che domani sarà in Groenlandia al fianco della moglie. «C'era così tanta eccitazione per la visita di Usha, che ho deciso che non volevo che si divertisse così tanto da sola», il messaggio lanciato su X. C'è però un cambio di programma, che lascia intendere che anche da parte americana si sia ragionato sui rischi di una seria crisi diplomatica e di una possibile contestazione.
Inizialmente, la second lady avrebbe dovuto partecipare con uno dei figli alla Avannaata Qimussersu, la corsa dei cani da slitta che è una sorta di Super Bowl groenlandese.
Ora, insieme al marito, Usha dovrà accontentarsi solamente di fare visita alla base spaziale Usa di Pituffik, la stessa dove dovrebbero fare tappa Waltz e Wright. Di fatto, si tratta di territorio americano. Una mossa accolta con favore dal ministro degli Esteri danese, Lars Lokke Rasmussen: «Su questo, non abbiamo nulla in contrario».
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