Show, griffe, cocktail. Ma non sappiamo come ci vestiremo

Solo sette grandi nomi e una ridda di emergenti. Le prossime tendenze? Chissà...

New York Qui qualcuno si sta sbagliando. Ha ragione chi dalle sfilate si aspetta tendenze, idee e premonizioni estetiche, oppure chi punta su una forma di spettacolo costretta a fare i conti con l'autismo dei social media?

È la domanda del giorno ai piedi delle passerelle di New York dove si sta svolgendo un'insensata fashion week piena di marchi sconosciuti o giù di lì che presentano collezioni senza capo né coda per la primavera estate 2019.

Gli appuntamenti con i grandi nomi dello stile americano sono a dir tanto sette cui però si sommano eventi mondani di rilievo. Uno dei più riusciti è stato il cocktail offerto l'altra sera da Prada per il rilancio di Linea Rossa, la storica collezione tecnica del brand trasportata nel XXI secolo da un sapiente lavoro di stile ed engineering dei capi. Strepitosa in tutti i sensi l'inaugurazione della sede newyorkese di 10 Corso Como a due passi dal Ponte di Brooklin, nel mercato coperto del pesce costruito nel 1822 al numero 1 di Fulton Street.

Nell'annessa galleria d'arte è in corso fino al 4 novembre p.v. l'imperdibile mostra Private Property con 45 foto dell'archivio personale di Helmut Newton. Notevole anche il decor che comprendo 500 lampade fatte a mano come i paraventi-scultura dell'artista Kris Rhus. Detto questo sono troppo poche le sfilate americane da cui esci rispondendo alla fondamentale domanda «come ci vestiremo l'estate prossima».

Prendiamo il caso delle sorelle Mulleavy che insieme disegnano Rodarte e che senza dubbio sono tra i migliori talenti creativi statunitensi. Ebbene i loro vestiti sono meravigliosi, degni di un film di Tim Burton e di tutte le fiabe dei Fratelli Grimm.

Certo non si è mai visto nessuno abbigliato così fuori da un red carpet e la collocazione ideale di questi piccoli capolavori resta un museo oppure una mostra epocale come Heavenly Bodies, in corso al Metropolitan Museum e nella sede distaccata The Met Cloisters. Al contrario marchi come Longchamp, Escada oppure Hugo Boss si buttano sull'aurea normalità tradendo però una delle ragioni d'essere della moda: dare vita al nuovo. A questo pensa almeno un po' Custo Barcelona, il designer spagnolo che ha trasformato in stile il suo ottimismo, la gioia di vivere, la passione per colori, grafiche, forme e materiali sperimentali.

Stavolta il nostro eroe esegue stampe olografiche sul velluto ma anche su morbidissimi acetati e tessuti laminati. Da questa luccicante tridimensionalità nasce l'idea del guardaroba per la notte estiva con body degni del costume di Wonder Woman riveduto e corretto da mezzo secolo di cultura aerobica.

Nuova anche Claudia Li, trentenne designer di origine orientale nata e cresciuta in Nuova Zelanda prima di approdare alla Parson's School di New York. Suo padre è un mercante d'arte e nel suo stile c'è un certo non so che di concettuale fermo restando l'uso virtuoso dei migliori tessuti italiani.

Divertente la storia del suo incontro con Victor Li, figlio dell'imprenditore cinese che voleva comprarsi il Milan.

Accomunati dal cognome e da un'identica passione per la moda i due hanno deciso di dividersi la griffe che si chiama come lei quando è di scena la donna e come lui in caso di uomo.

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