La sinistra ora boicotta La Russa. Ma lui reagisce: "Azioni a tutela del mio onore"

Appello di politici e intellettuali ai senatori: "Uscite se presiede lui"

La sinistra ora boicotta La Russa. Ma lui reagisce: "Azioni a tutela del mio onore"

Non c'è pace sul 25 aprile. La Festa che celebra la Liberazione diventa sempre più un caso, che investe le istituzioni, accende diatribe, tensioni e ora boicottaggi ai massimi livelli dello Stato e azioni legali. Sul banco degli imputati allestito a sinistra, virtualmente, siede il presidente del Senato Ignazio La Russa, che aveva annunciato di voler ricordare il 25 aprile, e adesso si trova processato politicamente, tanto da annunciare azioni «a tutela della mia onorabilità».

La Liberazione si celebra dal 1946, quando un decreto regio accolse la proposta da Alcide De Gasperi che la volle «come momento unificante» per superare quello che chiamò «lo spirito funesto delle discordie». Lo ricorda la Fondazione De Gasperi che domani commemora il leader Dc. Dal '49 il 25 aprile è festa nazionale. Gli eventi storici si allontanano eppure la ricorrenza è funestata proprio da un crescente spirito di discordia. Così è stato soprattutto con la Seconda repubblica, con la nascita del centrodestra, e così è quest'anno, il primo con un governo guidato dalla destra. Nell'occhio del ciclone dunque si ritrova la seconda carica dello Stato. Esponente di Fdi, già colonnello di Msi e An, La Russa è da giorni sotto il fuoco di fila della sinistra. Una sorta di «boicottaggio», addirittura, viene invocato sul «Manifesto» in un appello di una serie di personalità di area (post)comunista che chiedono ai senatori di uscire dall'Aula quando è La Russa a presiedere «finché non avrà finito di svilire le nostre istituzioni repubblicane e non avrà sciolto il nodo se stare dalla parte della democrazia o della dittatura». Insieme a Fausto Bertinotti firmano Maura Cossutta, Pietro Folena, Moni Ovadia, Livia Turco, Nichi Vendola e altri, politici e «intellettuali» che lo accusano di voler «delegittimare la Resistenza». Il tiro al presidente del Senato in realtà è iniziato da mesi, rinfocolato poi dalle polemiche per alcune sue dichiarazioni: prima le parole avventate - e poi chiarite - su via Rasella, due giorni fa quelle riportate - a suo dire stravolte - su Costituzione e antifascismo. Dal Prc a Nicola Fratoianni al presidente Anpi Gianfranco Pagliarulo (ex deputato Pdci), da sinistra è un coro di attacchi.

La Russa è incredulo. Era noto che il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, con il Capo dello Stato e gli altri rappresentanti delle istituzioni il 25 sarebbero stati all'Altare della patria. Ci sarà anche La Russa. Due giorni fa ha fatto sapere che martedì - impegnato a Praga al vertice europeo dei presidenti di assemblea - visiterà il lager di Theresienstad e in piazza San Venceslao renderà omaggio a Jan Palach, martire anti-sovietico. E anche su questa missione sono fiorite letture fantasiose e ostili. Ieri il presidente del Senato ha reagito. «Resto allibito - ha detto - di fronte allo stravolgimento della verità sulle mie parole». La Russa ricorda di aver detto testualmente: «La parola antifascismo non c'è nella Costituzione». «Aggiungevo, inoltre - ha ricordato - di riconoscermi nei valori della Resistenza che sono espressi in positivo nella prima parte della Costituzione. Non sono quindi io a dover rettificare alcunché ma chi non sa leggere le agenzie o vuole a tutti i costi polemizzare e offendere». Infine «sto raccogliendo dichiarazioni e commenti vistosamente falsi e offensivi, diversi dal legittimo dissenso - ha detto - per valutare ogni opportuna azione a tutela della mia onorabilità».

Qualcuno nel centrodestra lo difende, il leader leghista Matteo Salvini è parso freddo: «So quello che farò io - ha risposto a chi gli chiedeva un parere - celebrerò la liberazione del nostro Paese, starò un po' in famiglia e lavorerò come lavorerò il primo Maggio, perché gli italiani ci pagano per farlo».

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