Il sogno di chi vuole una giustizia giusta non muore

C'è una maggioranza silenziosa che, per quanto scoraggiata, continuerà a sognare e a lottare affinché il miracolo di un sistema giudiziario equo possa prima o poi essere realtà

Il sogno di chi vuole una giustizia giusta non muore

Nonostante la scelta, tanto assurda quanto colpevole, di fissare il referendum sulla giustizia non solo in un fine settimana di metà giugno (con trenta e passa gradi sulla testa), appena quarantotto ore dopo la chiusura delle scuole, ma di confinarlo addirittura in un solo giorno di voto senza dare la possibilità a chi optasse per qualche giorno di relax al mare o in montagna di recarsi in extremis alle urne il lunedì mattina.

Nonostante la Rai si sia dimostrata, ancora una volta, del tutto incapace di fare servizio pubblico preferendo insabbiare il dibattito sulla giustizia anziché spiegare il significato e la portata dei cinque quesiti referendari agli italiani.

Nonostante Luciana Littizzetto, dimentica di essere sulla tv di Stato, si sia autoproclamata madrina dei week-end fuori porta invitando gli elettori ad andare al mare non tanto per far girare l'economia dopo due anni di pesanti restrizioni ma al solo (bieco) fine di disertare le urne.

Nonostante Enrico Letta, Rosy Bindi e tutta la giostra del Partito democratico abbiano scientemente disertato il confronto sapendo che sarebbe stato più facile mettere tutto a tacere piuttosto che confutare un referendum che qualsiasi persona con giudizio avrebbe appoggiato per avere un Paese più giusto.

Nonostante Repubblica, sulla scia della linea piddina, abbia apertamente invitato i lettori a "votare no" o a non recarsi affatto a votare "per non consentire il raggiungimento del quorum".

Nonostante tutto questo, alla fine di una giornata segnata dai tristi ritardi di Palermo, dove gli elettori si sono visti "rimbalzare" ai seggi chiusi causa assenza dei presidenti, quasi dieci milioni di persone (poco più del 20% degli aventi diritto) sono andate a votare. La maggioranza di queste lo ha fatto perché credeva che così non si può più andare avanti, che il sistema giudiziario italiano va rivoltato come un calzino, che serve una sferzata allo stra-potere della magistratura. Lo credeva e lo crede ancora. Il non voto di ieri non ha certo fatto cambiare loro idea. Come non la hanno cambiata quelli che, forse perché certi che si sarebbe mai raggiunto il quorumo o perché demoralizzati da un Sistema che non cambia mai, hanno preferito la spiaggia e il mare allo sforzo di programmare la domenica con tappa al seggio elettorale.

Chi è andato a votare e ha messo la "x" sui cinque sì fa parte di un esercito che non può essere dimenticato. Se la Corte Costituzionale avesse dato il via libera anche al quesito principe, quello della responsabilità civile dei magistrati, avrebbero sicuramente votato sì anche a quello. In tutte queste persone resta il sogno di una giustizia migliore libera dagli scandali e dalle guerre di potere, dalle inchieste a orologeria e dagli avvisi di garanzia usati come clava politica, dagli errori e dagli orrori giudiziari che hanno messo nei guai cittadini innocenti e messo in libertà cittadini colpevoli. Una giustizia più giusta, insomma. È questo che sognano. E chi non la vuole? La sinistra, sicuramente, che ha sempre ostracizzato qualsiasi riforma. La stessa magistratura (per ovvie ragioni).

E il Sistema in generale che trae giovamento da certe storture.

Gli altri, ne siamo certi, sono una maggioranza silenziosa. Che, per quanto scoraggiata, continuerà a sognare e a lottare affinché il miracolo di un sistema giudiziario equo possa prima o poi essere realtà.

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