Il sogno di una ripresa che non c'è

Il sogno di una ripresa che non c'è

«Il 2016 si chiuderà meglio del 2015 che si è chiuso meglio del 2014, del 2013 e del 2012, questo è un risultato inoppugnabile». Questa affermazione del nostro premier a Cernobbbio è una ingegnosa trovata per illudere e auto illudersi sulla realtà dell'economia italiana.

Ma la trovata ha le gambe corte. Basta infatti fare un passo indietro e effettuare il confronto fra il quinquennio 2012-2016 - con guida Pd da Monti a Letta a Renzi - e l'anno 2011, l'ultimo del governo Berlusconi, per vedere come il quadro cambia, non in meglio, ma in molto peggio. Il suono del flauto diventa roco. Infatti mentre nel 2011 il Pil italiano è aumentato dello 0,4% sul 2010 e il rapporto debito/Pil era al 118%, nonostante l'ondata di destabilizzazione finanziaria attuata contro il governo. Nel 2012, con il nuovo corso, il Pil italiano è caduto del 2,4%. La caduta è proseguita nel 2013 con un altro meno 1,9 %. Nel 2014 in cui Renzi succedeva a Letta, la discesa è continuata con meno 0,4% In un triennio, il Pil era sceso del 4,7%. Una caduta netta dolorosa, da cui non ci siamo ancora rialzati. Ciò mentre il debito/Pil è salito al 133%, percentuale mai raggiunta prima.

Come si fa a dire che «nel 2014» siamo andati meglio che nel 2013 e nel 2013 meglio che nel 2012, quando il cosiddetto «meglio» consistette nel continuare ad arretrare, accumulando nuovi divari negativi rispetto al 2011 e rispetto agli altri paesi europei? Il Pil della Germania nel triennio è cresciuto del 2,7% quello della Francia dello 0,4%. Quello della Spagna nel 2014 cresceva dello 1,2% dopo aver perso, nei due anni precedenti, il 3,3% contro il 4,3 dell'Italia. La nostra crescita dello 0,8% del 2015 è un piccolo, insufficiente recupero rispetto alla caduta di 4,7 punti nei tre anni prima. E nel 2016 per ora non si ha l'impressione che il Pil cresca più dello 0,8% perché questa è la stima che esce dalla statistica dell'Istat. Il vero recupero è quello della Spagna che nel 2015 ha aumentato il Pil del 3,2% ed ha portato a casa un aumento di 1,1% punti sul 2011.

La Francia nel 2015 ha avuto una crescita dell'1,2% la Germania dello 0,7. Renzi, però, ha proseguito con tono sicuro dicendo «siamo andati meglio ma non ho bisogno di un sondaggio per dire che questo meglio non basta». In effetti non occorre un sondaggio, basta guardare ai tre altri maggiori Paesi dell'Eurozona. Ma il premier ha un modo diverso di vedere le cose ed ha concluso sostenendo che «Non siamo nel gruppo di testa, abbiamo recuperato il gruppo, ma c'è ancora molto da fare». Dire che «è vero che non siamo nel gruppo di testa» è un eufemismo per non dire «siamo nel gruppo di coda». Dire che «abbiamo recuperato il gruppo» invece è un modo per continuare a sognare. Infatti, nel 2016 l'Italia è il solo paese dell'Eurozona che, rispetto al 2011, ha una decrescita di oltre 3 punti di Pil. Gli altri, avendo saldo positivo, ci hanno distaccato. In particolare ciò accade alla Spagna che ha fatto una vera riforma del lavoro, adottando quella tedesca. Nonostante le crisi di governo, il Pil spagnolo nel 2016 continua a correre ed è stato ritoccato al rialzo dal 2,7% al 2,9%.

Il che dimostra che se il mercato è lasciato libero di funzionare, l'instabilità politica non è un problema. Ed è illusorio che la riforma costituzionale, che il clan renziano decanta, serva a farci crescere di più. I sogni vanno messi nel cassetto.

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