In democrazia gli organi costituzionali rispondono del loro operato. Così il nostro capo dello Stato è responsabile per i reati di alto tradimento e di attentato alla Costituzione. E ne risponde alla Corte costituzionale su messa in stato d'accusa del Parlamento. Il governo resta in carica finché gode della fiducia parlamentare. E il presidente della Repubblica ha il potere di sciogliere le Camere.
Ogni regola ha le sue eccezioni. Così il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri. Ma non contempla la loro revoca. Perciò, per sbarcare dal governo il ministro della Giustizia Mancuso, il Senato approvò una mozione di sfiducia nei suoi confronti e la Corte costituzionale giustificò l'operato di Palazzo Madama. Così la mozione di sfiducia al singolo ministro si configura come surrogato della revoca di un ministro non contemplata dalla Costituzione.
Tuttavia ci sono altre due anomalie parlamentari. I presidenti delle Camere e i presidenti di commissione sono un po' come quel personaggio di Luigi Pirandello che, una volta entrato nella giara, sentenziò: «Qui ci faccio i vermi!». Un'assurdità. Perché un presidente del Senato del Regno, Domenico Farini, uscì di senno. E un presidente della Camera, Fini, pretese di recitare due parti in commedia: arbitro a Montecitorio e capo di partito pronto a dirne di tutti i colori contro il presidente del Consiglio Berlusconi.
Da tempo immemorabile i presidenti delle Camere non votano più per rimarcare la loro terzietà. Ne consegue che per sloggiarli bisognerebbe sciogliere la Camera di appartenenza. Invece i presidenti di commissione sono sì tenuti all'imparzialità, ma possono votare perché espressione della maggioranza. Che, come lo ha eletto, in teoria potrebbe sfiduciarlo. Ma sarebbe prudente non arrivare a tanto perché la tirannide della maggioranza non è un'invenzione di Tocqueville. Semmai il Senato dovrebbe decidersi a decidere prevedendo un quorum particolarmente alto per la revoca.
Nel frattempo il capogruppo pentastellato potrebbe spostare Petrocelli ad altra commissione o potrebbero registrarsi dimissioni in massa nella commissione Esteri, di modo che la presidente Casellati possa rinnovarla. Valga il caso del senatore Villari.
Non disposto a dimettersi, la commissione di vigilanza Rai fu sciolta dopo le dimissioni dei suoi componenti. Il Senato è alla ricerca della chiave del rebus. Tuttavia, come la Titina della canzonetta, la cerca ma non la trova.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.