Sono meglio le canzonette del politichese

La kermesse di Sanremo è talmente vecchia e racchia da dover ricorrere al chirurgo plastico. Eppure tutti la guardano

Sono meglio le canzonette del politichese

Siamo lieti che cominci il Festival di Sanremo. Perché in coincidenza con il medesimo, per una settimana, non andranno in onda i talk show politici ai quali pure partecipiamo spesso, con l'obiettivo di dimostrare che siamo vivi. Infatti, se non vai per quindici giorni a Porta a porta (o almeno a Piazza pulita ) i parenti telefonano allarmati: stai male? Ti hanno licenziato dal Giornale?

La manifestazione canora è talmente vecchia e racchia da essere costretta periodicamente a ricorrere al chirurgo plastico per rendersi presentabile. Non piace a nessuno, ma tutta la seguono. O meglio, la maggioranza degli italiani afferma di esserne disinteressata e di non accendere manco il televisore per non rischiare di sintonizzarsi accidentalmente su Rai 1, cioè la rete che trasmette in esclusiva le immagini dei cantanti in competizione. L'indomani però, se si consultano i dati dell'audience, si scopre che il Festival è stato bevuto da 15 milioni di persone. Esso è com'era la Dc: vigliacco se qualcuno ammetteva di votarla; a spoglio avvenuto, tuttavia, constatavi che era ancora il primo partito nazionale.

Nella nostra memoria stantia galleggiano ricordi antichi: perfino la voce di Nunzio Filogamo che salutava i radioascoltatori (agli albori degli anni Cinquanta) con una formuletta storica. Questa: «Cari amici vicini e lontani, buonasera». E un brivido scendeva lungo la schiena di milioni di amanti della musica leggera, ansiosi di udire trallallero trallalà. Quando poi i tetti delle case, dalle Alpi alla Sicilia, si riempirono di antenne televisive, fu il trionfo della Rai. La gara dei gorgheggiatori durava un paio di sere soltanto, ma il dì appresso la proclamazione della canzone vincitrice chiunque era in grado di fischiettarne il ritornello.

Il popolo postbellico si accontentava di poco, perché per un paio di lustri non aveva avuto nulla all'infuori del fragore dei bombardamenti. Godeva delle melodie di Nilla Pizzi. È trascorso ben oltre mezzo secolo e, nel frattempo, ci siamo inciuccati davanti al video, al punto di essere diventati teledipendenti. Fondamentalmente i nostri gusti non sono mutati: i motivetti sanremesi sono tuttora nel nostro cuore ed esigiamo di farne una scorpacciata, cosicché la tv ce ne offre in abbondanza per quasi una settimana. Ci vergogniamo un po' di gradire l'abbuffata e fingiamo addirittura di rifiutarla, ma con voluttà ci riempiamo le orecchie di note (senza contare le banalità dei conduttori) e proviamo sollievo nel sostituire le chiacchiere dei politici e dei giornalisti (sulla legge elettorale) con il suono dell'orchestra.

Oddio, cinque sere di musichetta sono troppe e possono stancare; anzi, stancano, ma servono a distogliere il pensiero da Matteo Renzi e dalla sua banda dei sifoi. È già qualcosa.

Ai patiti, sempre meno numerosi, dei talk show e dei dibattiti sui fatti di sangue non mancherà il tempo per rifarsi di profittare di altre occasioni quotidiane per alimentarsi di sciocchezze, però dette bene da specialisti in tuttologia.

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