«Lo Stato pensa di risparmiare e invece i costi aumenteranno»

Roma. «Il risparmio di spesa che il governo pensa di effettuare attraverso la riforma della dirigenza pubblica potrebbe essere annullato dal contenzioso promosso da chi perderà ingiustamente posizione e retribuzione». Insomma, niente risparmi e maggiori costi a causa di scelte improvvisate. Bernadette Veca (nella foto), direttore generale del ministero delle Infrastrutture, spiega così la battaglia che i manager di Stato stanno portando avanti costituendosi in comitato per opporsi al decreto Madia.

Dottoressa Veca, perché la vostra non è una battaglia di retroguardia?

«Difendiamo il diritto al lavoro, in conformità con i principi costituzionali. Al decreto manca una disciplina transitoria che tuteli tutti noi che abbiamo seguito un percorso professionale a servizio della nazione, studiando, vincendo un concorso e formandoci per svolgere un ruolo ben definito all'esclusivo servizio delle istituzioni».

Qual è il problema principale?

«La legge quadro obbliga il legislatore a considerare l'esperienza dei dirigenti e a salvaguardarla. Nel decreto attuativo tutto questo manca e ciò ci preoccupa in rapporto non solo al diritto vigente ma anche alla Costituzione e alle normative Ue che tutelano la libertà professionale e il diritto al lavoro».

Insomma, non gradite il maggior controllo «politico» sulla selezione e sulla valutazione dei dirigenti.

«Noi applichiamo e rispettiamo le leggi e le facciamo rispettare. Ma, in questo caso manca la modalità di selezione a regime della dirigenza pubblica. Occorre, infatti, ricordare che la Costituzione prevede che essa si scelga tramite concorso pubblico. Nella circostanza sembrerebbe che ci sia uno svilimento e un affievolimento di queste prescrizioni. Ecco perché attendiamo il pronunciamento del Consiglio di Stato».

Sul tavolo c'è pure la questione del collocamento fuori ruolo e del demansionamento.

«Gli incarichi dirigenziali sono a tempo per legge. Questo non è un problema, ma se un dirigente viene sollevato dal proprio incarico ha diritto a un altro equivalente e questa procedura deve svolgersi secondo criteri precisi e trasparenti. Non possiamo accettare di essere degradati senza che ci sia spiegato qual è il metodo di valutazione».

La questione economica ha il suo peso?

«Un taglio del 50% delle retribuzioni rappresenta un trattamento discriminatorio, a prescindere dalla categoria che lo subisce».

GDeF

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