Lo «stile di vita» da seguire nel Califfato

Devono sposare i combattenti a nove anni, restare sempre in casa e studiare solo maglia e cucito. Dedicarsi ai bambini e alla casa e partecipare alla jihad, ma solo in caso di estrema necessità. Eccolo lo stile di vita delle donne secondo l'Isis. È racchiuso in otto regole rigidissime, che sono state raccolte in un vero e proprio manifesto dello Stato islamico al femminile. Il documento è stato battezzato «Women of the Islamic State» e, per la prima volta, mette in chiaro cosa i combattenti si aspettano dalle loro compagne. Ma c'è un particolare che rende questo manifesto ancora più agghiacciante: a scriverlo non sono stati i jihadisti, ma un gruppo miliziano in rosa noto come al-Khanssaa Brigade. Ed è stato poi riconosciuto dal cosiddetto Femail Islamic State, ovvero lo Stato islamico delle donne, che ha numerose adepte in Siria e Iraq.

Il manifesto, in diecimila parole, traccia l'identikit della compagna del combattente ideale. È stato pubblicato per la prima volta lo scorso gennaio, ma solo in lingua araba. Poi è approdato in Europa quando Charlie Winter, un ricercatore della Quillian Foundation - ha sede a Londra e si occupa proprio di estremismo - lo ha tradotto in inglese. L'obiettivo, decantato già nelle prime righe, è «chiarire il ruolo delle donne musulmane e lo stile di vita che è bene che seguano». E, inoltre, «chiarire quali sono le reali condizioni delle donne all'interno dello Stato islamico». Scorrendo il regolamento sembra di fare un balzo indietro di mille anni. E di dimenticare secoli di progresso, sociale e di genere. Le regole del manifesto sono, infatti, rigidissime e quasi incomprensibili per noi occidentali. Le prime riguardano la sfera propriamente sociale delle donne. La prima indica che l'età più appropriata per sposarsi è nove anni. E raccomanda alle famiglie di scegliere per le bambine un marito/combattente di età compresa fra 16 e 17 anni, «quando si trova al massimo della sua forza fisica». La seconda impone alle donne di restare chiuse in casa, rigorosamente con la porta chiusa. E di uscire solo in circostanze eccezionali: per seguire la causa della jihad - qualora il marito sia impossibilitato -, per studiare religione e per insegnare, sempre nel rispetto della sharia. La terza parla proprio del lavoro, etichettandolo come una forma di corruzione che non dovrebbe mai contaminare una donna. Si passa poi all'abbigliamento: bisogna restare sempre nascoste e velate. E scrutare la società attraverso quel velo. Le donne non hanno diritto neanche alla cura del corpo: negozi alla moda e saloni di bellezza sono banditi, perché rappresentano una manifestazione del male. Anche in tema di educazione nulla è lasciato al caso. Così il manifesto indica cosa una donna può studiare, in base alla sua età. Dai sette ai nove anni sono ammesse solo tre lezioni, per imparare i rudimenti di religione, arabo e scienze naturali. Dai dieci e dodici anni possono essere intensificate le lezioni di religione, specialmente finalizzate alla comprensione del ruolo delle donne. Possono essere introdotti anche corsi di maglia, cucito e cucina. Infine dai 13 ai 15 anni le lezioni devono essere focalizzate sulla sharia e sulla cura dei bambini. È possibile anche studiare la storia dell'islam e la vita del Profeta. Ma si devono abbandonare le scienze.

Quanto all'occidente, secondo le donne

dello Stato islamico il modello sociale europeo è fallito quando «le donne sono state liberate ed è stato permesso loro di uscire di casa». E quando gli «infedeli hanno introdotto nel loro modello falsità e materialismo».

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