E insomma, firmare alla fine lo firma, perché non può farne a meno. «Un rinvio alle Camere, a pochi giorni dalla scadenza, farebbe cadere con effetti retroattivi, e in alcuni casi irreversibili, tutte le altre disposizioni che il decreto contiene, quindi ho deciso di promulgarlo». Però, scrive Sergio Mattarella, adesso «urgono iniziative del governo e del Parlamento» perché il Milleproroghe così proprio non va. Il punto dolente è il solito, quello che riguarda i balneari. Secondo il Colle infatti è impossibile rinviare ancora le gare per le concessioni demaniali. «È evidente che i profili di incompatibilità con il diritto europeo e con le decisioni giurisdizionali accrescono l'incertezza del quadro normativo» ed espongono l'Italia ai ricorsi e multe di Bruxelles. Anche i miliardi del Pnrr potrebbero sfumare. Quindi basta rinvii, bisogna intervenire. Palazzo Chigi prende atto. «Rispetto alla norma che formalmente è in vigore, quanto richiamato dal capo dello Stato meriterà attenzione e approfondimento da parte del governo e delle forze parlamentari».
Il faro del Quirinale è puntato dunque sulla mancata apertura del mercato delle concessioni, una scelta che cozza fragorosamente con la direttiva Bolkenstein, mettendoci a rischio di una procedura Ue di infrazione, e che urta con una sentenza del Consiglio di Stato del novembre 2021, che fissa al 31 dicembre di quest'anno il limite ultimo per una proroga delle gare. «Sarà necessario - sostiene il presidente - assicurare l'applicazione delle regole della concorrenza e della tutela dei diritti di tutti gli imprenditori coinvolti, in conformità con le leggi dell'Unione». E c'è pure una questione più banale di soldi, sulla parte che riguarda il potenziamento dei ruoli della polizia. «Rilevo che l'articolo 1 bis, commi 1-6, come si evince dalla stessa relazione tecnica, reca una copertura finanziaria insufficiente in proiezione temporale». Perciò, «per assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione», il testo dovrà essere rimpolpato «con il primo provvedimento legislativo utile». In fretta.
Ma non basta. Anche il Milleproroghe agli occhi di Mattarella presenta il problema storico e mai risolto delle lenzuolate dove si infila di tutto, dai formaggi, ai fucili, alle sanatorie. Siccome si tratta «di provvedimenti che attengono ad ambiti diversi e eterogene» e non collegabili, «se ne smarrisce la ratio unificatrice e si trasformano in decreti-omnibus disomogenei». Destra, sinistra, centro. Avviene da decenni, vari presidenti della Repubblica hanno provato a interrompere la spirale, tuttavia l'andazzo è sempre lo stesso.
Mattarella spera che si cambi registro, anzi scrive di «apprezzare l'iniziativa» di Giorgia Meloni, che «in dialogo con i presidenti delle Camere ha sottolineato l'abuso della decretazione d'urgenza». Ma, «come ha osservato la presidente del Consiglio, un'inversione di tendenza potrà aversi solo con il recupero di un'adeguata capacità di programmazione del governo e una corrispondente attitudine del Parlamento a consentire l'approvazione in tempi ragionevoli». Ognuno faccia la sua parte.
Dal Quirinale si fa notare il carattere tecnico-istituzionale e «non politico» dell'intervento. La sinistra attacca l'esecutivo.
«La lettera di Mattarella certifica l'ennesimo pasticcio della maggioranza», dice Simona Malpezzi, capogruppo Pd a Palazzo Madama. Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia, assicura però «l'attenzione e il doveroso approfondimento sulle considerazioni del presidente».
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