Sul Mes è scontro Pd-M5s. Giuseppi cede: non decido io

Palazzo Chigi se ne lava le mani: l'ultima parola spetta alle Camere. Ma intanto il decreto aprile resta bloccato

Sul Mes è scontro Pd-M5s. Giuseppi cede: non decido io

La maggioranza giallorossa si sfalda. Il Pd prova a mettere nell'angolo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte su Mes e fase due. Il M5s alza un muro in difesa di Giuseppì. La tregua si rompe. I due azionisti di riferimento dell'esecutivo riprendono le armi. La mina che fa saltare in aria la maggioranza è il fondo salva Stati, misura che l'Ue mette a disposizione dei 27 Paesi per far fronte alla spesa sanitaria del coronavirus. Ma i fronti aperti sono tanti: dall'incertezza sulla ripartenza ai disastri dell'Inps nella gestione dei bonus. Il Pd spinge alle corde Conte, accusato di perdere tempo, senza dare una sterzata per uscire dal pantano. I toni (da parte delle due forze politiche) sono da campagna elettorale. Col passare delle ore la tensione sale. In serata il capo del governo ottiene una nuova tregua dalle due forze di maggioranza, precisando che l'ultima parola (sul Mes) spetterà alle Camere: «Se vi saranno condizionalità o meno» sul Mes lo giudicheremo alla fine. Quando saranno concretamente elaborati il Term sheet (contenente le principali caratteristiche del nuovo strumento), i Terms of reference (che definiranno termini e condizioni della linea di credito) e, infine, il Financial facility agreement, le condizioni di contratto che verranno predisposte per erogare i singoli finanziamenti. Solo allora potremo valutare se questa nuova linea di credito pone condizioni, quali condizioni pone, e solo allora potremo discutere se quel regolamento è conforme al nostro interesse nazionale. E questa discussione dovrà avvenire in modo pubblico e trasparente, dinanzi al Parlamento, al quale spetterà l'ultima parola», scrive su Facebook.

L'appello del premier incassa l'ok dei ministri Dario Franceschini e Alfonso Bonafede, rispettivamente capidelegazione di Pd e M5s. Parole che chiudono una lunga giornata di polemiche. Iniziata con la batteria di fuoco grillino contro i dem. Vito Crimi - in un'intervista al Fatto Quotidiano lancia l'ultimatum: «Mi stupiscono le parole del Pd, perché mettono in discussione la linea del governo e del presidente del Consiglio Conte». Replica il capogruppo dem Graziano Delrio: «No, non si mette in discussione nulla. Abbiamo solo detto che se non ci sono condizioni capestro il nostro Paese deve utilizzare tutte le risorse, non capisco perché non utilizzare il fondo se c'è bisogno. I cinque stelle si scatenano. E parte l'attacco. «Delrio ha ammesso candidamente di non sapere nulla sul tema ma comunque, alla cieca, si è lanciato contro la linea sul Mes del governo e del presidente Conte», commenta Manlio Di Stefano, sottosegretario agli Esteri. Durissimo l'affondo di Stefano Buffagni, viceministro dello Sviluppo: «Il Mes non sono soldi regalati, ci impone dei limiti che dovrà pagare pure mio figlio fra 30 anni». Ma il dibattito tiene fermo il decreto Aprile: il governo deve decidere se inserire o no i 36 miliardi del fondo salva-Stati. La resa dei conti è attesa per il prossimo 21 aprile quando Conte riferirà (a due giorni dal Consiglio europeo) sulla trattativa con l'Ue. Dopo la sfuriata e prima dell'appello di Conte, il Pd aveva già ammorbidito i toni. Il ministro per gli Affari europei Enzo Amendola invitava alla calma: «Il negoziato non è concluso. Lavoriamo uniti nell'interesse di Italia e Europa». Ma rischia di crollare un altro pilastro del piano di Conte: la fase due. Dal Nazareno trapela l'ipotesi di un prolungamento del lockdown fino a metà maggio. Dubbi che investono anche la task force per la ricostruzione guidata da Vittorio Colao.

Che sembra già intrappolata nelle sabbie mobili. Sul tema interviene l'ex ministro dem Marianna Madia: «Credo sia importante una accelerazione da parte del governo». Troppe le incertezze che mettono in discussione la stessa permanenza di Conte a Palazzo Chigi.

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