Mascherine fantasma, Regione Lazio "costretta" a risarcire sé stessa

L'ennesima beffa sul caso delle mascherine "fantasma" acquistate a inizio pandemia e mai arrivate a destinazione

Mascherine fantasma, Regione Lazio "costretta" a risarcire sé stessa

La Regione Lazio userà i propri soldi per risarcire sé stessa. Sembra uno scherzo ma in realtà è soltanto l'ultimo dei particolari, o meglio paradossi, di cui si arricchisce, mese dopo mese, il caso delle mascherine "fantasma". L’ultima beffa sulla vicenda è contenuta in un’ordinanza del tribunale di Taranto datata 15 aprile. Nel provvedimento, il cui contenuto è stato ripreso dal Fatto Quotidiano e dal Tempo, viene messo nero su bianco l'obbligo per l’ente guidato da Nicola Zingaretti di versare 4,5 milioni di euro in favore della Exor, che li utilizzerà in parte per saldare il proprio debito con la Regione.

La faccenda è parecchio intricata e per capirla bisogna fare un salto indietro di due anni. Siamo nel marzo del 2020 e l’Italia è in lockdown. Le terapie intensive degli ospedali regionali iniziano ad affollarsi di pazienti con difficoltà respiratorie causate dal Covid. Cercare di limitare il contagio attraverso i dispositivi di protezione individuale è fondamentale, ma ancora non ce ne sono abbastanza. L’urgenza porta la protezione civile regionale a programmare una serie di acquisti diretti. Tra le aziende a cui si rivolge la Regione c’è la Ecotech Srl, un’impresa che, pur occupandosi di illuminazione, assicura di poter fornire sette milioni e mezzo di mascherine attraverso una triangolazione che coinvolge altre due società: un’intermediaria svizzera, la Exor, e un’azienda tarantina, la Internazionale Biolife, specializzata in commercio di integratori.

La commessa vale 36 milioni di euro. La Regione ne anticipa 14, ma alla data prevista per la consegna le mascherine non arrivano. Dopo una serie di trattative, da via Cristoforo Colombo non hanno altra scelta che quella di revocare definitivamente i contratti chiedendo indietro i 14 milioni di euro. A fine aprile i soldi non sono ancora rientrati, ma l’esigenza di recuperare dispositivi di protezione resta. La Regione finisce per rivolgersi alla Internazionale Biolife di Taranto, la stessa società che non era riuscita a fornire le mascherine alla Ecotech. In questo caso l’azienda riesce ad adempiere in parte al contratto con l’ente, ma continua a glissare sulle consegne alla Ecotech, che avrebbe dovuto approvvigionare la Regione.

Nel frattempo i vertici della società pugliese vengono indagati e da via Cristoforo Colombo, una volta appreso che l’azienda era la stessa che avrebbe dovuto rifornire la Ecotech, come ricostruisce Il Tempo, decide di non pagare la consegna diretta portata a termine da Internazionale Biolife. Ed è qui che si inserisce l’ultima tappa della vicenda. La Exor, per recuperare le somme anticipate alla società di Taranto per la consegna mai avvenuta, ha deciso di rivolgersi ai giudici del tribunale della stessa città pugliese per pignorare proprio il credito che la Internazionale Biolife vanta nei confronti della regione per la consegna portata a termine.

Il tribunale civile dà ragione alla holding svizzera, e quindi la Regione di Zingaretti dovrà versare alla Exor i 4,5 milioni di euro che sarebbero dovuti essere incassati dalla Biolife. E la Exor, che deve risarcire via Cristoforo Colombo per 3,5 milioni di euro, con tutta probabilità, userà proprio i soldi dell’ente per pagare i suoi debiti. L’ennesima beffa all’interno di una vicenda surreale che lascia in eredità un buco da circa 11 milioni di euro nel bilancio della regione.

"Questa vicenda è l'ennesima dimostrazione che la nostra battaglia per denunciare lo scandalo della mascherine è stata e continua ad essere giusta", commenta Chiara Colosimo, consigliera regionale che per prima ha portato il caso all’attenzione dei media. "È giusto che la gente sappia chi durante la pandemia ha sperperato milioni di euro pubblici", dice puntando il dito contro "la giunta Pd e Movimento 5 Stelle".

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