Sussidio più due mesi di paga per chi lavorerà nei campi

Decreto aprile in arrivo. C'è un incentivo ai percettori del reddito di cittadinanza che faranno gli stagionali

Sussidio  più due mesi di paga per chi lavorerà nei campi

Il governo prova a fare lavorare (nei campi) i percettori di reddito di cittadinanza. Se nel primo decreto, il Cura Italia, li esentava dall'obbligo di accettare un impiego, motivando la scelta con le limitazioni agli spostamenti, con il decreto di aprile in corso di stesura, lo stesso esecutivo punta a convincerli, con le buone, ad accettare i lavori che gli stagionali stranieri non possono svolgere a causa del lockdown.

Più che il bastone chiesto dalle associazioni degli agricoltori e dalle opposizioni, sotto forma di obbligo a lavorare per colmare i vuoti che si sono creati per la pandemia, l'esecutivo punta sulla carota di un doppio reddito. L'articolo 34 della ultima bozza di decreto prevede infatti che «in relazione all'emergenza epidemiologica» i percettori di ammortizzatori sociali a zero ore, della Naspi e Dis-Coll, ma anche del reddito di cittadinanza «possano stipulare con datori di lavoro del settore agricolo contratti a termine non superiori a 30 giorni, rinnovabili per ulteriori 30 giorni, senza subire la perdita o la riduzione dei benefici previsti, nei limiti di 2.000 euro all'anno per il 2020».

L'incentivo sta quindi nella possibilità di ricevere il sussidio e la paga da lavoratore agricolo. E anche nel fatto che i compensi non saranno conteggiati nel reddito. Novità che non dispiacerà alle aziende della filiera agro-alimentare, in seria di difficoltà per i raccolti.

Il decreto di aprile, in ritardo, resta il dossier più impegnativo per il governo guidato da Giuseppe Conte, oggetto ieri di un vertice tra lo stesso premier e il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri con i capi delegazione della maggioranza. I partiti della coalizione la pensano in modo diverso sui principali capitoli del terzo provvedimento per l'emergenza coronavirus e le bozze che di volta in volta escono dai palazzi riflettono lo stato dei rapporti di forza.

Nell'ultima c'è anche l'estensione della Cassa integrazione in deroga per 18 settimane per i periodi dal 23 febbraio al 31 ottobre. Poi c'è la conferma del bonus alle partite Iva iscritte all'Inps e con perdite di almeno il 33% nel reddito del secondo bimestre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. Sono 600 euro per aprile, che salgono a 1.000 euro a maggio. Il governo è intenzionato a tenere fede agli impegni anche sui lavoratori domestici. Quelli che hanno avuto un calo delle entrate del 25% e che il 23 febbraio erano titolari di uno o più contratti di lavoro fino a 20 ore settimanali saranno destinatari di 800 euro per aprile e maggio, che salgono a 600 euro mensili per chi aveva contratti superiori alle 20 ore.

Una delle novità è lo stop ai licenziamenti, portato dai 60 giorni previsti dal decreto di 17 marzo a 5 mesi. Il datore che ha fatto licenziamenti per «giustificato motivo oggettivo» tra il 23 febbraio e il 17 marzo può revocare la decisione e accedere alla cassa integrazione in deroga.

Novità anche sul fronte famiglia. Per 30 giorni nel corso del 2020, continuativi o frazionati, i genitori con figli fino a 12 anni, lavoratori dipendenti del privato potranno fruire una indennità pari al 50 per cento della retribuzione.

Il bonus baby sitter è portato da 600 a 1.200 euro (2.000 per medici e infermieri), da utilizzare anche per i servizi integrativi per l'infanzia, compresi i centri estivi.

Confermato il reddito di emergenza, capitolo più ostico dal punto di vista politico, vista la resistenza di Italia Viva. Andrà dai 400 euro mensili per i single, fino a 800 euro per le famiglie. Per averlo, oltre alla residenza in Italia, serve un reddito familiare di 400 euro mensili e un patrimonio mobiliare inferiore a 10 mila euro per il single, accresciuto di 5.000 euro per ogni componente della famiglia.

Tornando al reddito di cittadinanza, il governo allarga la platea degli aventi diritto: la soglia Isee passa da 9.360 a 10.000 euro e quella patrimoniale da 30 a 50 mila euro, quella del patrimonio mobiliare passa da seimila a otto mila euro

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