La svolta: sismografi sulle piattaforme petrolifere

Nasce la prima rete sismica italiana in mare. Progetto in collaborazione con il Giappone

La svolta: sismografi sulle piattaforme petrolifere

Le piattaforme e le strutture assimilabili alle piattaforme sono già presenti sul nostro territorio. Ora, si pensa di sfruttare questo potenziale per uno scopo diverso a quello per cui sono state progettate: l'ha fatto il Giappone, lo faremo anche noi. In Italia, di piattaforme, ce ne sono 138. Di queste, 120 servono alla produzione e sono attive; 10, servono al supporto della produzione; 8 non sono operative. La maggior parte delle piattaforme italiane serve per l'estrazione di gas. La direzione del ministero dello Sviluppo economico che si occupa di sicurezza delle attività estrattive e minerarie (Dgs unmig) ha appena firmato un accordo con l'istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia e con Assomineraria. Lo scopo dell'accordo è l'installazione di sismografi sulle piattaforme al largo delle coste italiane. L'obiettivo? Quello di avere maggiori informazioni sugli ambienti marini e riuscire a prevedere con più accuratezza i terremoti. L'accordo è stato siglato a maggio ed è già operativo. Prevede una cooperazione scientifica che consente di ampliare le conoscenze dell'offshore italiano e di anche di svolgere monitoraggio e sorveglianza della sismicità sull'intero territorio nazionale. Secondo Carlo Doglioni, presidente dell'Ingv, «i dati raccolti verranno utilizzati ai fini di una migliore sorveglianza sismica e vulcanica e andranno a integrare e potenziare le reti già esistenti del sistema di monitoraggio dell'Ingv» e contribuiranno «anche a migliorare le conoscenze della struttura e del funzionamento della crosta e mantello terrestri dell'areale italiano».

Questo accordo è particolarmente importante, perché, come ci dice Franco Terlizzese, il direttore dell'Dgs Unimg, in passato «erano state posizionate alcune antenne per il controllo dei mari, in particolare da parte degli organi di controllo e Marina, ma non c'è mai stato un progetto sistematico per utilizzare il potenziale per monitoraggi ambientali complessi». Questo accordo «permette di allargare la rete con un ingombro e un fastidio molto limitato per le attività delle piattaforme petrolifere» e coinvolgerà solo le piattaforme attive. Il primo test e prime istallazioni avverranno nel giro di pochi mesi.

«Una delle critiche che si fanno - continua Terlizzese - è che non si hanno notizie rapide e precise sugli epicentri. Avere un aumento di dati provenienti anche dal mare, permette di avere un miglioramento posizionamento degli epicentri dei terremoti e di averli con un tempo più breve». Infatti, aumentando il numero di stazioni si ottiene una maggiore copertura di territorio e si ottiene anche un miglioramento del segnale: si individua anche più facilmente il punto in cui avviene un terremoto. L'intenzione è quella di rendere progressivamente pubblici i dati rilevati. I sensori, saranno ancorati alla base delle strutture, sul fondo, e non sulla superficie. Perché «se si posiziona uno strumento sopra la piattaforma si leggono informazioni che sono anche relative anche alle vibrazioni generate anche dalla piattaforma stessa». Si segue, quanto già fatto un altro paese che ha un alto rischio sismico e, per questo, è simile al nostro.

Come dice Franco Terlizzese: «stiamo collaborando anche con il Giappone, come noi è un Paese altamente sismico, che ha cominciato a posizionare queste apparecchiature in mare, ricevendo informazioni importanti per quanto riguarda il tema dell'andamento dei terremoti». Avere più dati è una cosa fondamentale: significa riuscire a predire e prevenire meglio i rischi.

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