Attore, regista, conduttore, curatore. Da anni Edoardo Sylos Labini porta avanti la sua battaglia per un made in Italy della cultura, controcorrente rispetto a un mainstream che dal dopoguerra vede la sinistra dettare il passo. Le sue serate del lunedì sul palcoscenico del Teatro Manzoni di Milano hanno offerto preziosi momenti di confronto sui mutamenti della società civile attraverso i faccia a faccia con personaggi simbolo dal mondo dell'arte, dello spettacolo e della politica; da Carla Fracci a Giancarlo Giannini a Philippe Daverio. Come artista, ha invece messo in scena le biografie di grandi italiani del Novecento, compresi quelli scomodi, come Gabriele D'Annunzio, Filippo Tommaso Marinetti, Giuseppe Verdi. Oggi il neoministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, alfiere del governo Meloni, si ispira nelle sue linee guida al cavallo di battaglia ideale che Sylos Labini ha lanciato da sei anni: «la valorizzazione delle città italiane in quanto identitarie».
Città Identitarie è appunto il nome dell'associazione da lui creata e poi divenuta Fondazione che riunisce oltre cento Comuni italiani, per lo più borghi e piccole cittadine di provincia. Ed è proprio di oggi l'uscita in edicola di un'edizione speciale di CulturaIdentità, il mensile di cui Labini è fondatore e direttore e che da 41 numeri porta avanti la filosofia di un Belpaese che, per guardare con fiducia al futuro, deve riscoprire il proprio valore e le proprie radici. «É un messaggio che interpretiamo con un festival nei territori italiani che sappia riscoprire i simboli identitari che connotano le nostre città, attraverso incontri, spettacoli, mostre e concerti».
Le città italiane, ha affermato il ministro nelle sue linee guida, «mantengono l'impronta della loro storia, della loro arte e della loro tradizione civile e religiosa»; un messaggio controcorrente rispetto alla globalizzazione della cultura oggi imperante. «Direi che è una replica - sottolinea Sylos Labini al Giornale - alla politicizzazione della cultura usata dalla sinistra nei decenni come strumento di propaganda. Una colonizzazione di cui è stata involontariamente complice la vacatio di una cultura alternativa, più attenta ai valori identitari. Ora, finalmente, c'è l'occasione per invertire la rotta». L'Italia vanta un patrimonio culturale immenso, ma che troppo spesso è sottostimato, complice anche la carenza di risorse; il risultato è che in Europa l'Italia è una meta turistica seconda alla Francia e persino alla Spagna. «Oggi le statistiche sottolineano che, nel mondo, quattro turisti su dieci rincorrono le mete culturali - continua Labini - e questo dev'essere un tema su cui il governo è chiamato a investire, con una politica che valorizzi anche i piccoli centri e, per quanto riguarda il reperimento delle risorse, trovi nuove formule per allargare il dialogo tra pubblico e privato».
Il grande obbiettivo - sottolinea - è più che mai l'investimento nel made in Italy. «Il nostro festival, da Senigallia ad Anagni fino a Vibo Valentia, ha voluto tracciare un solco: è dalle radici che bisogna ripartire per immaginare il domani».
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