Giornata lunghissima, quella di ieri, per Paolo Zangrillo, ministro della Pubblica amministrazione e coordinatore di Forza Italia in Piemonte. Mattina a Milano per il funerale di un'amica di famiglia, poi a Cagliari per un incontro con Confapi e un evento elettorale alla vigilia del voto per le regionali in Sardegna. Oggi partecipa a Roma al congresso di Forza Italia che disegnerà la nuova leadership.
Ministro Zangrillo, la bocciatura del terzo mandato significa una spaccatura in maggioranza. Quali saranno le conseguenze politiche?
«È stato dato un eccessivo risalto mediatico a questo tema, si è trattato di un normale confronto senza conseguenze di natura politica, come del resto sostiene la stessa Lega. Siamo in democrazia, essere alleati non significa avere le stesse idee su tutto, ma fare sintesi nell'interesse dei cittadini. Lo stiamo facendo, per cui non vedo alcun rischio né per la maggioranza né per il governo».
Il congresso di Forza Italia. Il segretario Antonio Tajani ha detto che nel partito cambierà tutto. Che cosa significa?
«Cambierà tutto nel modo di organizzare la nostra attività. Finché c'era il presidente Berlusconi avevamo un solido riferimento che trovava sempre la soluzione e non sbagliava. Ora si apre una nuova stagione per dialogare e confrontarci. Tocca a noi, adesso, arrivare alla sintesi cui giungeva Berlusconi».
È la prima volta che il leader azzurro viene scelto dal congresso. Nella storia dei partiti politici si sono visti spesso segretari scelti dall'assemblea durare poco o andare subito in difficoltà. Lei vede il dopo Berlusconi all'insegna della stabilità?
«Questo segretario ha le caratteristiche per guardare al lungo periodo. È la persona più strutturata per aver seguito strettamente il percorso di Berlusconi e aver maturato una grande esperienza internazionale. Antonio Tajani garantisce continuità rispetto alla gestione precedente ma con forti elementi di innovazione. Sarà una figura che, auspico, durerà nel tempo».
Un partito liberale e meritocratico come Fi ha scelto di strutturarsi con quattro vicesegretari pari grado, senza un numero due già indicato. È una scelta anomala?
«I quattro candidati alla segreteria esprimono le diverse anime del partito e si completano tra di loro. I due presidenti di Regione, Alberto Cirio e Roberto Occhiuto, saranno il riferimento di Nord e Sud. Deborah Bergamini, oltre a essere donna, ha grande sensibilità sui temi internazionali e una lunga militanza a fianco del presidente Berlusconi. Stefano Benigni sarà il riferimento delle nuove generazioni, di cui abbiamo un grande bisogno. Tajani ha detto che sono alla pari, ma non ci sarà nulla di male se tra loro emergeranno nuove leadership sul campo. L'importante è avere in squadra persone di comprovata esperienza».
Dicono che lei abbia influito sulla composizione della segreteria con l'imminente elezione a vice di Cirio, con il quale vanta un solidissimo legame politico.
«Non lo nascondo, sono stato già un grande sponsor di Alberto Cirio quando il centrodestra doveva scegliere nel 2019 il candidato governatore del Piemonte. È un grandissimo comunicatore che ha la caratteristica formidabile di entrare in empatia con tutte le persone. Ma è un comunicatore che ha solidi contenuti, non un uomo da talk show che parla per slogan».
Cos'è successo rispetto al primissimo momento del dopo Berlusconi quando Forza Italia si era divisa in almeno un paio di correnti, da una parte Tajani, dall'altra Ronzulli-Mulè?
«Tutti hanno preso coscienza del fatto che, dopo la perdita del leader, le uniche correnti ammissibili sono quelle che portano idee, non una concezione lottizzatoria del potere. Tajani ha gestito con grande saggezza una situazione difficilissima, quando tutti pensavano a una lenta agonia di Forza Italia, ma il berlusconismo non è morto. Il nuovo segretario ha saputo riassorbire le correnti senza zittirle grazie a una logica inclusiva. Ha fatto sentire tutti importanti senza ricorrere all'autoritarismo».
Domenica si vota in Sardegna. Cosa cambierà negli equilibri interna del centrodestra?
«Il centrodestra prevarrà, faccio fatica a immaginare uno scenario diverso. In ogni caso, le ricadute a livello nazionale saranno pari allo zero: le elezioni sarde sono competizioni regionali. Il vero banco di prova per il centrodestra saranno le europee, talvolta vissute in passato come elezioni di serie B quando invece l'Europa è sempre più importante».
Però Forza Italia non nasconde l'obiettivo di arrivare al 10% alle europee. Questo, verosimilmente, potrebbe significare un sorpasso sulla Lega.
«Credo nella possibilità di superare il 10%, anche se non abbiamo interesse a farlo a scapito degli alleati. Forza Italia è il centro del centrodestra, un riferimento per tanti moderati che si sono allontanati negli ultimi tempi. Non dovrebbe cambiare molto anche il 10 giugno, dopo le europee. Noi la gara non la faremo al nostro interno ma sugli avversari».
Alcuni retroscena estremi prevedono un'estate tormentata per il centrodestra con lo spettro di un nuovo Papeete.
«Non prevedo scossoni.
Quest'estate si andrà in vacanza tranquilli, non ci sarà alcun Papeete. Per il governo è l'anno del G7 e delle grandi scadenze internazionali. A partire dal Pnrr che ha visto l'Italia come primo Paese per l'utilizzo dei fondi. Penseremo soprattutto a realizzare tutti gli obiettivi».
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