Nei film di una volta i malavitosi volevano il malloppo in banconote usate e con i numeri di serie non consecutivi. Nella storia vera che ha per protagonista Antonio Panzeri, ex eurodeputato, i quattrini sono ancora impacchettati, fascettati come se fossero appena usciti dalla stamperia. Gli uomini dei servizi segreti che sono penetrati di nascosto nella casa di Panzeri a Bruxelles se li sono trovati davanti. E buona parte dei soldi portava una Z nel piccolo codice che indica il paese di stampa. Z è la lettera del Belgio. Significa che il malloppo veniva direttamente da una banca belga. E risalire alla provenienza dei 600mila euro rischia ora di risultare fin troppo facile.
Sono errori come questi che ora pesano come pietre sul destino di Panzeri e degli altri arrestati del Qatargate. Due di loro, Panzeri compreso, sono destinati ad un amaro Natale dietro le sbarre. Ieri l'udienza preliminare davanti alla Court de Justice di Bruxelles finisce per l'ex sindacalista nel peggiore dei modi. Panzeri e soci puntavano alla liberazione, o almeno agli arresti domiciliari. Niente da fare, carcere confermato per Panzeri e per il suo ex assistente Francesco Giorgi. Esce invece, ma ai domiciliari e con braccialetto elettronico, Niccolò Figà Talamanca, segretario della Ong No peace without justice, che secondo i suoi legali era finito dentro per un equivoco destinato a essere chiarito nell'udienza di ieri. A quanto pare, c'è riuscito solo in parte.
In carcere per ora resta anche la socialista greca Eva Kaili, la più alta in grado degli arrestati: lei e Giorgi hanno insieme una figlia piccola, la donna spera di venire liberata per poterla assistere ma ieri uno sciopero impedisce il trasferimento della Kaili dal carcere di Haren a Bruxelles, l'udienza slitta e la decisione viene rinviata a giovedì prossimo.
Sul tavolo dei giudici chiamati ieri a valutare la posizione dei quattro c'era un materiale di prove e di riscontri molto più nutrito di quanto trapelato finora. Le banconote trovate a casa di Panzeri e della Kaili (sulle quali sarebbero in corso anche la ricerca delle impronte digitali) sono la «pistola fumante», la prova provata della operazione di corruzione attuata nel cuore della democrazia europea. Ma nel dossier raccolto dal giudice Michel Claise c'è molto di più, c'è la ricostruzione dettagliata della rete di rapporti che aveva consentito a Panzeri di garantire un trattamento indulgente da parte di numerosi parlamentari verso il regime del Qatar e verso l'organizzazione dei Mondiali di calcio. Secondo la stampa greca si parla di ben sessanta eurodeputati nel mirino. É una rete in buona parte interna al gruppo parlamentare dei Socialisti & Democratici, che ora - dopo che i nomi di almeno quattro dei suoi componenti sono finiti nelle carte dell'inchiesta - sembra attonito e incapace di reagire. Se scaricare Panzeri, ormai privo di ruoli formali nel Parlamento, è stato facile, spiegare come nessuno si sia accorto in questi mesi del mutato atteggiamento di parte del gruppo S&D verso il Qatar rischia di essere imbarazzante.
I sigilli apposti dall'Ocrc - la polizia anticorruzione - a una ventina di uffici di parlamentari della sinistra sono il segno più vistoso della vastità della rete di Panzeri. Il tessuto connettivo sono indubbiamente gli assistenti parlamentari, pagati direttamente dalla Ue usando il budget di 21mila euro mensili di ogni deputato, ma che rispondono direttamente a quest'ultimo. E anzi ne sono spesso la guida nel mondo complicato delle istituzioni comunitarie. Ma è inverosimile che questa vicenda possa chiudersi scaricando le colpe solo sugli assistenti. Anzi, secondo fonti locali è possibile l'opposto: che l'inchiesta compia un salto di qualità, e dopo avere scavato sulle offerte della lobby pro-Qatar ai parlamentari vada a analizzare eventuali contatti nel cuore vero del potere europeo, la Commissione, il governo dell'Unione.
Panzeri e Giorgi hanno tempo fino ad oggi per presentare ricorso contro il provvedimento che li tiene in carcere, e a quel punto a decidere sarà la
Corte d'appello entro quindici giorni. Nel frattempo l'inchiesta va avanti: decine di computer e telefoni sequestrati nel corso delle perquisizioni vengono frugati in queste ore dagli inquirenti, e può saltare fuori di tutto.
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