Le tasse oltre il ridicolo: ecco quella sulla funivia e persino sull'ombra

Sulle Dolomiti spunta la gabella per i gestori di seggiovie, in Veneto il tributo per la pedana dei disabili E al cimitero l'esattore si scatena...

L'Imu? Va pagata anche per le sciovie. Nevica, governo ladro. Nel Paese delle tasse folli, per non esser da meno del Parlamento un balzello nuovo di zecca se lo sono inventati i giudici. Chiamata a decidere dall'Agenzia del territorio trentina se gli impianti a fune facessero trasporto o commercio, a fine gennaio (con sentenza depositata qualche giorno fa) la Cassazione ha equiparato i gestori delle funivie a semplici commercianti, stabilendo doversi applicare loro la famigerata Imu. Risultato? Sulle Dolomiti sono già una ventina le aziende sull'orlo del fallimento: per rispettare il volere della Suprema corte, dovrebbero sborsare ogni anno 25mila euro per una seggiovia a 6 posti, 50mila euro per una telecabina. «Assurdo: è come tassare le ferrovie dello stato per le rotaie», ha provato a spiegare Valeria Ghezzi, presidente dell'associazione nazionale dei funiviari, ma nessuno le ha dato ascolto. Le gabelle, del resto, non fanno più notizia. E non si parla delle accise dovute su ogni litro di benzina per finanziare - ancora nel 2015 - la guerra d'Abissinia, il disastro del Vajont o l'alluvione di Firenze, giusto per citare quelle ormai di famiglia: in Sicilia come nella nordica Este vige l'imposta sui tubi, mentre a Desio s'era arrivati a pagar dazio persino sul tricolore appeso alle finestre. In silenzio.

Nel Paese dove secondo Confesercenti sono in vigore 62.500 norme tributarie, a pesare sempre più sono proprio i tributi locali, dettati dai governi tecnico-quirinalizi e resistenti finanche alle balle spaziali. «La pressione tributaria sui nuclei familiari è insostenibile: la taglieremo», tuonava minaccioso nel 2012 l'oggi leader di Ncd Angelino Alfano. «Abbasseremo le tasse», assicurava gagliardo salendo a Palazzo Chigi Matteo Renzi una volta rasserenato il suo predecessore Enrico Letta. E infatti secondo l'Istat nel 2014 la pressione fiscale (che tiene conto pure dell'incidenza dei tributi locali) ha raggiunto il 43,5% del Pil, in aumento dello 0,1% rispetto al 2013. «Si considera in maniera errata l'impatto del bonus da 80 euro», ha puntualizzato il ministero delle Finanze, ma nessuno ci ha creduto. Non c'è cascato Mathias Doimo, titolare d'un negozio di generi alimentari a Conegliano: agli inizi di marzo il Municipio gli ha chiesto 33,6 euro per l'ombra disegnata sui marciapiedi dalla tenda stesa sulla porta della bottega. «Lo prevede il regolamento sulla Tosap», hanno precisato fieri da Palazzo di città mentre il postino recapitava qualche strada più in là al fisioterapista Luciano Ottavian una cartella da 34 euro per la pedana piazzata davanti allo studio: stava lì da 10 anni per i disabili, ma gli inflessibili gabellieri coneglianesi non hanno voluto sentire ragioni. E sono rimasti sordi ad ogni spiegazione, come i loro colleghi di Bergamo, che al cimitero reclamano 120 euro per il ricevimento di ogni salma. Al camposanto di Trieste, invece, i soldi li chiedono subito, ma per l'uscita: pagamento anticipato di 300 euro per le estumulazioni che avverranno 30 anni dopo la sepoltura. Così, forse per risparmiarsi la noia (mortale) delle controversie postume.

Tasse a non finire. Manca quella sull'aria, ma pare solo questione di tempo: a luglio, in Venezuela, il presidente Maduro ha introdotto un ticket di 20 dollari per chi stazioni al terminal del Maiquetia international airport di Caracas, servito da un innovativo sistema di ventilazione.

Dovesse andar bene la sperimentazione, potrebbe diventare un esempio da seguire anche in Italia, in nome della lotta internazionale ai germi.

Gli euro che a Trieste vengono chiesti al momento della sepoltura per l'esumazione, che avviene 30 anni dopo. A Bergamo la tassa è di 120 euro per ogni salma «in entrata»

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