Il giorno dopo il varo della legge di Bilancio in Consiglio dei ministri emergono con più nitidezza alcune questioni che la manovra lascia aperte, a volte di proposito altre invece no. Un esempio concreto di queste problematiche interpretative è fornito dal taglio delle tasse per 8 miliardi che il premier ha fatto «lievitare» a 12 miliardi.
Al fondo per ridurre la pressione fiscale da 8 miliardi (per la maggior parte da destinare al cuneo fiscale) Draghi ha aggiunto i 2 miliardi di sforbiciata degli oneri di sistema sulle bollette elettriche, i 990 milioni di eliminazione dell'aggio sulla riscossione e l'altro miliardo per rinviare al 2023 plastic e sugar tax oltreché per abbassare al 10% l'Iva sugli assorbenti intimi. Questi 4 miliardi in più, tuttavia, sono sostanzialmente caduchi perché, se non resi definitivi su base pluriennale, si tradurranno in un rinvio degli aggravi. Gli oneri di sistemi si torneranno a pagare quando il prezzo del gas e del petrolio calerà o comunque da aprile 2022 se non ci sarà un altro decreto ad hoc. La plastic e la sugar tax senza una norma ad hoc ritorneranno nella legge di Bilancio 2023, mentre l'aggio della riscossione eliminato comporta comunque la necessità di reperire altrove la remunerazione degli esattori.
Stesso discorso per il capitolo welfare. In materia pensionistica il premier Draghi e il ministro dell'Economia, Daniele Franco, hanno accennato al fatto che quota 102 (64 anni di età +38 di contributi per ritirarsi ma solo nel 2022) è solo una tappa di avvicinamento al «sistema contributivo». Insomma, è chiaro che se in futuro si vorrà ridiscutere di flessibilità in uscita lo si dovrà fare decurtando la parte retributiva degli assegni migrando verso un sistema puramente contributivo. Lo ha spiegato molto bene ieri l'ex presidente Inps, Tito Boeri, chiedendo il taglio delle pensioni in essere dei giornalisti prima che il loro ente, l'Inpgi, confluisca nella previdenza pubblica dal primo luglio visto che molte sono sbilanciate sul retributivo.
Non meno problematica la riforma degli ammortizzatori sociali voluta dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando. In pratica, la copertura Cig alle micro-imprese fino a 5 dipendenti comporta - nonostante siano disponibili 4,5 miliardi di cui 3 di deficit e 1,5 dallo stop al cashback - il versamento di contributi pari allo 0,5%, mentre vanno poi a salire allo 0,8% i contributi delle aziende fino a 50 dipendenti che dovranno finanziare con un altro 0,9% la Cigs. Le buste paga, inoltre, saranno un po' più leggere e il taglio del cuneo sarà un po' meno «visibile».
Qualche perplessità sorge pure sulla stretta al reddito di cittadinanza. Lo stop al sussidio dopo il secondo rifiuto di un'offerta prevede, infatti, una comunicazione ufficiale che in questi due anni e mezzo è stata effettuata in un centinaio di casi a fronte di oltre 1,5 milioni di percettori. Analogamente, alcune riflessioni saranno effettuate nelle commissioni parlamentari sul Superbonus al 110%.
L'estensione al 2023 si basa su una progressiva riduzione dello sgravio e sull'esclusione delle ville unifamiliari a meno che il proprietario non abbia un Isee sotto i 25mila euro. Non a caso sono stanziati solo 15 miliardi per una misura che assorbiva circa 9 miliardi a semestre. Occorre ricordare che a fine anno scadranno le moratorie post-Covid sui prestiti alle imprese.
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