Terzo polo mai nato. Le nozze combinate con anime diverse e gelosie tra leader

Il tandem Carlo-Matteo non è mai decollato. E negli ultimi sei mesi, dopo il doppio flop alle Politiche e alle Regionali in Lombardia, è stata una lenta agonia

Terzo polo mai nato. Le nozze combinate con anime diverse e gelosie tra leader

L'avventura del Terzo Polo finisce per mano di Striscia la Notizia. A metà mattinata, dopo una notte veleni e veline, Carlo Calenda, intercettato da Enrico Lucci, fa calare il sipario sul progetto del partito unico con Matteo Renzi: «Non si farà».

In realtà, il Polo di Renzi e Calenda non è mai stato terzo. Il podio alle elezioni l'ha visto solo dal cannocchiale. Già all'esordio alle Politiche del 25 settembre la lista centrista si piazzò sesta. Arrivando alle spalle Fdi, Lega, Pd, M5s e Forza Italia. È stato un crescendo di sconfitte. Fino allo smacco finale delle regionali in Friuli Venezia Giulia dove il polo di Renzi e Calenda è stato superato dai no vax.

Il divorzio di ieri è solo l'epilogo (scontato) di un matrimonio combinato. Tra due forze politiche, Azione e Italia Viva, con orizzonti diversi. L'amore tra Renzi e Calenda non è mai sbocciato. È stato un susseguirsi di litigi e ripicche. Fino allo scontro della settimana scorsa che ha preceduto lo strappo. Azione commissiona un sondaggio sulle potenzialità elettorali del Terzo Polo: 8,2 è il verdetto. Di cui il 7,1 sono i voti di Azione e 1,1 di Italia Viva. La decisione di Renzi di accettare la direzione (editoriale) del Riformista fornisce a Calenda il pretesto per rompere il matrimonio. La guerra sui soldi e le regole del congresso faranno solo da cornice. La verità è una: Renzi e Calenda non si sono mai presi. Si sono ritrovati sotto lo stesso ombrello per convenienza. Più che per convinzione. Negli ultimi sei mesi la rottura è stata sempre a un passo. Ad agosto Calenda manda all'aria l'accordo elettorale con il Pd di Letta ed è costretto ad accettare il matrimonio con Italia Viva. Azione doveva raccogliere le firme per presentarsi alle elezioni, Renzi gli garantirà il simbolo. Pronti, partenza via. Ed è subito scontro: Calenda si intestardisce, vuole il suo nome nel simbolo. Renzi accetta. Ma chiede che in tv a fare i confronti ci vada soprattutto l'ex ministro Mara Carfagna, transfuga da Forza Italia insieme a Mariastella Gelmini. Il leader di Azione non cede. Sulla comunicazione politica, Renzi e Calenda sono agli antipodi. L'ex premier rimprovera all'altro socio l'ossessione contro Silvio Berlusconi. I numeri elettorali daranno ragione (in Lombardia e Lazio) a Renzi: più Calenda attacca Fi più il Terzo Polo perde voti. Mese di febbraio: le regionali sono l'antipasto della rottura. Italia Viva non vuole sostenere Letizia Moratti, anche lei proveniente dal mondo berlusconiano. Calenda fa tutto da solo. Risultato: doppia sconfitta in Lombardia e Lazio. Per il Terzo Polo arriva la debacle elettorale. Dal fronte di Azione cresce l'insofferenza verso Renzi: «Noi lavoriamo tutto il giorno per il partito unico e Renzi se ne va in giro a fare conferenze», si sfogherà Calenda nella chat con i dirigenti all'indomani della doppia sconfitta in Lazio e Lombardia. Marzo: Renzi e Calenda litigano sulle alleanze. Italia Viva guarda al centrodestra. Azione vuole riprendere la trattativa con il Pd. La foto di Calenda con Conte, Schlein e Landini al congresso di Cgil fa infuriare i renziani. Nonostante tutto, si decide di accelerare sul progetto del partito unico. Ma subito c'è un ostacolo: Italia Viva vuole una federazione, Azione lo scioglimento dei partiti e la nascita della nuova formazione politica.

Altro strappo sui tempi: Renzi chiede di attendere l'esito delle Europee nel 2024. Calenda fissa l'ultimatum: «Subito il partito unico o non se ne fa più nulla». Renzi accetta il timing di Calenda. Che però nel frattempo ha già cambiato idea. Fine.

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