L'ordinanza gli è stata notificata in carcere, dove stavano scontando una condanna per una frode multimilionaria legata ad un vorticoso giro di fatture per operazioni inesistenti dopo che i finanzieri esumarono dal loro giardino di Gussago, in provincia di Brescia, 9 milioni in contanti seppelliti in buste sigillate e altri sei murati in un'intercapedine in cantina. I coniugi quarantenni Giuliano Rossini e Silvia Fornari - già processati con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio e alla frode fiscale con il figlio e la sorella di lei perché ritenuti ai vertici di un'associazione specializzata nelle frodi carosello - ci sono ricascati: i loro nomi sono tra quelli delle 16 persone coinvolte - 13 delle quali arrestate - nella maxi-inchiesta della Guardia di Finanza di Vicenza che ha sgominato una banda di riciclatori che ripuliva i proventi delle frodi fiscali di società operanti nel settore dei rottami metallici. Anche il figlio Emanuele è finito ai domiciliari. L'associazione per delinquere sgominata dalle Fiamme Gialle operava tra Vicenza, Padova, Verona, Brescia, Mantova, Milano, Prato, Chieti e Roma, ma aveva collegamenti anche in Germania, Slovenia e Cina. Le indagini sono partite indagando su un uomo di 51 anni della provincia di Vicenza sospettato di svolgere l'attività di «spallone», ovvero di trasportare contanti frutto di frode fiscale da e verso l'estero. Secondo la Procura di Vicenza ai vertici del gruppo criminale c'erano anche i coniugi di Gussago, che operavano nelle piazza bresciana. Gli investigatori ritengono che in un anno e mezzo, attraverso 556 viaggi, la banda avrebbe trasportato dall'estero all'Italia e viceversa ben 110 milioni di euro in contanti, denaro frutto di frodi fiscali realizzate da società dedite al commercio di materiali ferrosi.
La nuova inchiesta arriva a rovinare i piani della coppia bresciana che - dopo la condanna a quattro anni di reclusione, lo sconto di pena per aver rinunciato all'appello e il recente rigetto della Procura che riteneva troppo contenuta la pena inflitta - si stava preparando a lasciare il carcere. Adesso dovranno fare i conti con la nuova, pesantissima, accusa.
Per evitare eventuali posti di blocco mentre trasportavano il contante prelevato nelle filiali estere delle banche d'appoggio delle società cartiere, gli «spalloni» dell'organizzazione si muovevano su coppie di auto prese a noleggio.
Avrebbero fatto affari anche con un circuito bancario clandestino, «China Underground Bank», attraverso il quale si potevano inviare ingentissime somme di denaro in Cina e mettere a disposizione dei clienti, tra cui i Rossini, il contante necessario per le operazioni di riciclaggio.
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