Toscana, Calabria, Aosta l'eterno ritorno del rosso. Solo il Lazio in arancione

Il report Iss non è incoraggiante: misure dure per 15 giorni. "Gli ospedali sotto pressione"

Toscana, Calabria, Aosta l'eterno ritorno del rosso. Solo il Lazio in arancione

Toscana, Calabria e Val d'Aosta passano in rosso mentre il Lazio, unica tra tutte le Regioni che erano già in rosso, martedì passerà in arancione. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato ieri le nuove ordinanze che confermano le misure restrittive per Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Marche, Trento, Piemonte e Puglia. Per tutte la zona rossa durerà almeno altre due settimane, in pratica fino a metà aprile visto che pure nell'ultimo monitoraggio per tutte si segnala un'incidenza di contagi per 100mila abitanti superiore a 250 con picchi fino a 410 per il Friuli Venezia Giulia, 355 per il Piemonte e 349 per l'Emilia Romagna su 14 giorni calcolata al 25 marzo. Per il Lazio invece il dato positivo in discesa è di 217 casi su 100mila nello stesso periodo.

Per la Campania l'attesa per l'arancione potrebbe finire subito dopo Pasqua se confermerà il dato di 233 contagi per 100mila abitanti.

Gianni Rezza, direttore della Prevenzione del ministero della Salute parla di un «lieve miglioramento della situazione epidemiologica». L'Rt, l'indice di trasmissione resta in media superiore all'1 ma scende a 1,08 dall'1,16 della scorsa settimana. E anche l'incidenza scende a 247 casi per 100mila abitanti.

Purtroppo, avverte Rezza, resta alto e in crescita «il tasso di occupazione dell'area medica e dei posti di terapia intensiva dovuto al fatto che nelle scorse settimane si sono accumulati molti casi di Covid19: il tasso di occupazione dei posti in terapia intensiva è intorno al 39 per cento, quindi più elevato rispetto alla scorsa settimana». Dunque per Rezza vista la situazione «bisogna continuare a mantenere le misure di prevenzione e controllo e soprattutto accelerare la campagna vaccinale per immunizzare quante più persone possibile», conclude.

L'ultimo monitoraggio elaborato dall'Istituto Superiore di Sanità con il ministero della Salute prende in considerazione il periodo 15-21 marzo. Su 14 giorni l'incidenza scende a 247, quindi appena sotto il limite che segna in automatico il passaggio in zona rossa.

Nel mirino degli epidemiologi la variante inglese che ha causato la ripresa dell'epidemia. «Alla luce della predominanza di alcune varianti virali a maggiore trasmissibilità occorre mantenere la drastica riduzione delle interazioni fisiche tra le persone e della mobilità», è scritto nel report, nessuna apertura per un allentamento delle restrizioni. La zona gialla resta quindi un miraggio per tutti probabilmente fino alla fine di aprile.

Il sovraccarico delle strutture ospedaliere, prosegue il report, richiede «di mantenere rigorose misure di mitigazione nazionali accompagnate da puntuali interventi di contenimento nelle aree a maggiore diffusione».

E anche il bollettino di ieri segnala ancora un alto numero di nuovi contagi, 23.987 con 457 vittime. Si conferma la pressione sugli ospedali. I posti letto occupati nei reparti Covid ordinari crescono di 48 unità per un totale di 28.472 ricoverati. I posti letto occupati in terapia intensiva aumentano di 8 unità nel saldo tra entrate e uscite per un totale di 3.628 pazienti in emergenza. Ma i nuovi ingressi in rianimazione sono ancora tanti, 288 in 24 ore.

Quindi gli esperti invitano la popolazione ancora una volta a evitare tutte le occasioni di contatto e a «rimanere a casa il più possibile», mantenendo le misure igienico-sanitarie: distanziamento, mascherine, quarantena e isolamento. Raccomandazioni che oramai gli italiani conoscono a memoria ma che non tutti rispettano con rigore.

Sui test salivari e la possibilità di usarli per monitorare gli studenti e garantire

l'apertura delle scuole il presidente dell'Iss, Silvio Brusaferro, ha sottolineato la necessità di «testarli sul campo» vedendo «come applicarli». Per Rezza occorre avere maggiori certezze sulla sicurezza di questi test.

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