Due ore di faccia a faccia con Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, nella villetta dove Giovanni Toti è recluso ai domiciliari dal 7 maggio con l'accusa di corruzione. È il terzo confronto autorizzato dai magistrati, dopo la richiesta del governatore di poter incontrare la sua giunta e la sua maggioranza per discutere del suo «futuro politico», soprattutto dopo che il gip ha deciso di confermargli la misura cautelare, motivando la scelta anche con il fatto che Toti non si sia dimesso. Nei vertici degli ultimi giorni è stata esclusa ogni ipotesi di passo indietro del presidente, anche in quello di ieri con Lupi, del cui movimento di cui fa parte Toti. Si confida nel Tribunale del Riesame, che si esprimerà sul ricorso contro il provvedimento del giudice che ha negato al governatore la libertà. L'udienza è fissata per l'8 luglio. «Ci aspettiamo il giusto equilibrio tra le esigenze dell'inchiesta e il legittimo interesse per il funzionamento della Regione. Ci aspettiamo una soluzione di equilibrio riguardo a questo», ha detto Lupi dopo l'incontro. Il sostegno al governatore non è in discussione: «C'è la compattezza e la solidarietà dei partiti di maggioranza. La sfida è il buon governo, il completamento delle opere e la difesa di quanto di buono fatto finora. In Liguria l'azione di governo sta andando avanti. La maggioranza, nessuno escluso, è compatta". Da un punto di vista umano "ci ha fatto piacere vedere il governatore sereno, cosciente e deciso sulle sue ragioni e sul giudizio politico».
Ieri il Tribunale del Riesame ha deciso invece che per ora deve rimanere in cella Paolo Emilio Signorini, l'ex presidente dell'autorità portuale, l'unico finito in carcere nell'inchiesta che ha travolto la Liguria, di fatto per motivi economici. Sebbene i domiciliari siano una «misura adeguata», l'istanza di scarcerazione è stata respinta perché per i magistrati Signorini non avrebbe un posto dove scontarli. L'ex presidente del porto era diventato poi amministratore di Iren, ma è stato licenziato per giusta causa dopo l'indagine ed è senza stipendio. Le soluzioni individuate per i domiciliari - un'abitazione a Genova messa a disposizione da una parente oppure ad Aosta da un fratello - non sono apparse ai giudici sufficientemente garantite. I parenti non si sarebbero ancora dichiarati ufficialmente disposti a provvedere per lui a vitto e bollette. Insomma al mantenimento. Per i giudici sarebbe un ostacolo a rimetterlo in libertà. Pur non entrando nel merito della accuse - di aver ricevuto dall'imprenditore della logistica Aldo Spinelli soldi e regali in cambio di favori - dato che l'appello era sulle esigenze cautelari, in alcuni passaggi sottolineano le «condotte» attraverso le quali Signorini, per l'accusa, avrebbe cercato di «dissimulare la ricezione delle utilità ricevute» e le definiscono indicative di «una certa pervicacia nella condotta delittuosa».
I due mesi già trascorsi in carcere per i magistrati sarebbero un «monito» tale da rassicurare sull'eventuale pericolo che l'ex dirigente violi le prescrizioni dei domiciliari, che dovranno essere «blindati» e senza contatti con persone diverse dai conviventi. Pena il rientro in carcere «repentino».
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