Tre ministri in coro sulla linea della fermezza. "Lo Stato non può venire a patti con i violenti"

Nordio, Tajani e Piantedosi confermano: "Aspetteremo la Cassazione"

Tre ministri in coro sulla linea della fermezza. "Lo Stato non può venire a patti con i violenti"

Tre ministri in conferenza stampa per un detenuto, Alfredo Cospito in sciopero della fame dal oltre 100 giorni contro il 41 bis. Tre ministri, il vicepremier e titolare degli Esteri Antonio Tajani, quello della Giustizia Carlo Nordio e quello dell'Interno Matteo Piantedosi, perché il caso dell'anarchico condannato per strage terroristica è passato dal livello umanitario del singolo che potrebbe rischiare la vita a quello più generale della sicurezza pubblica dopo gli attentati in Italia e nel mondo e, ancor più su, a quello simbolico della battaglia contro il regime di carcere duro.

Il governo Meloni risponde che non cederà a minacce e ricatti e Cospito rimarrà al 41 bis. Lo dice Tajani: «È stata orchestrata una campagna internazionale anarchica contro lo Stato italiano. Ci auguriamo che tutti sostengano l'azione del governo contro la violenza». Lo dice Nordio: «Lo Stato non può venire minimamente a patti o essere intimidito da attività violente o minacciose». Lo dice Piantedosi: «La minaccia del suicidio in carcere o di lasciarsi morire di fame non può stravolgere i principi democratici sul trattamento penale stabilito dai processi».

Mentre alla Camera le accuse di Giovanni Donzelli (FdI) alla sinistra sulla lotta alla mafia fanno salire la tensione politica, i tre ministri spiegano che Cospito è stato trasferito lunedì dal carcere di Sassari a quello di Opera, «ma questo non ha cambiato assolutamente il regime carcerario del detenuto», come dice Tajani. Nel penitenziario milanese c'è la struttura sanitaria «più efficiente tra le carceri di Italia» e saranno meglio controllate le condizioni di salute del detenuto. Ma il fatto che Cospito voglia fare della sua protesta contro il 41 bis un attacco alla legge che lo istituisce, è per il governo inammissibile. Per Nordio la magistratura è «assolutamente sovrana e il ministero non può intervenire», ma si deve «attendere la decisione della Corte di Cassazione» a marzo sul ricorso contro l'applicazione del carcere duro. Il Guardasigilli ricorda la costante difesa di tutti dell'autonomia e indipendenza delle toghe per sostenere che non è del governo la responsabilità. Anche se è proprio il ministro della Giustizia a firmare il decreto per il 41 bis per un detenuto, a gennaio l'ha fatto Nordio per Matteo Messina Denaro, prima l'aveva fatto Marta Cartabia per Cospito, e questo vuol dire che si tratta in ultima analisi di una prerogativa politica e non di un semplice provvedimento giudiziario. Il problema è appunto che la sorte del detenuto anarchico ormai ha assunto una connotazione più ampia, che rientra nella lotta dello Stato al terrorismo e alla mafia. Il Guardasigilli accosta il caso Cospito al caso Moro, come hanno fatto altri commentatori, pur con le debite differenze, per dire che ora come allora lui la pensa allo stesso modo: «Davanti alla violenza non si tratta, perché ogni segnale di cedimento sarebbe fatale e dunque la nostra linea politica è di una fermezza assoluta nei confronti di queste forme di intimidazioni».

E dunque sul carcere duro voluto da Giovanni Falcone, Nordio è netto: «Tutti i nemici dello Stato, anarchici, terroristi rossi e neri, mafiosi tendono a coalizzarsi contro quello che ritengono il loro nemico comune. In questo momento storico e in questa situazione il 41 bis è indispensabile, non può essere messo in discussione, se un domani le cose cambiassero cambierebbero anche le leggi».

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