Tre ore di "domande intimissime" a Bossetti

Il presunto assassino di Yara sotto torchio su orari e vita sessuale

Tre ore di "domande intimissime" a Bossetti

Un altro faccia a faccia. Lungo tre ore e mezza. Ma non una sorpresa. L'interrogatorio di Massimo Bossetti, muratore presunto «mostro», era già previsto da oltre una settimana, da prima che mamma, padre(?) e sorella andassero a trovarlo nel carcere di Gleno. Per lui il quinto faccia a faccia con gli inquirenti nel giro di un mese e mezzo. La pm Letizia Ruggeri, di bianco vestita, arriva in moto, intorno alle 10.20. Poco più tardi la raggiungono il maggiore Riccardo Ponzone, comandante del Nucleo investigativo di Bergamo, e due ufficiali del Ros, il colonnello Michele Lo Russo e il maggiore Amleto Comincini. I «cervelli» di quest'inchiesta infinita che giorno dopo giorno assume sempre più le forme di una matassa dal bandolo fragile. Chi si aspettava qualche colpo di scena resterà deluso. L'uomo accusato di aver ucciso quasi quattro anni fa Yara Gambirasio, anche ieri ha ripetuto il solito refrain. «Fatemi pure tutte le domande che volete, sono innocente e non ho nulla da nascondere».

I suoi difensori lo ribadiscono. «Non entriamo nel merito di su cosa gli inquirenti gli abbiano chiesto, gli atti sono coperti da segreto istruttorio. Ma possiamo dire che Massimo Bossetti ha risposto a tutti i quesiti: la sua vita è stata scandagliata in ogni suo angolo più recondito», taglia corto l'avvocato Claudio Salvagni. Già la vita di un uomo insospettabile, amorevole padre di tre figli, tutto casa e lavoro. All'apparenza. Quella dietro cui frugano ormai da settimane gli investigatori. I rilievi del Ris, effettuati su auto e furgone bianco di ex «Ignoto 1», a quanto si sa, non avrebbero fornito elementi utili. Almeno per incastrarlo. Chissà se qualcosa di più utile sia, nel frattempo, saltata fuori dalle analisi sui dieci telefonini, il due pc e il tablet sequestratigli nei giorni successivi all'arresto.

Secondo indiscrezioni, anche da qui, ovvero dalle memorie di tabulati e hard disk, non risulterebbe nulla di anomalo. Perlomeno, a Bossetti in tal senso niente è stato contestato. La procuratrice che lo ha spedito dietro le sbarre, fondando l'accusa su quella traccia ematica trovata sui leggins della vittima (Dna che appartiene al sospettato), lo ha torchiato soprattutto con domande inerenti alla sua vita privata. «Questioni decisamente intime», puntualizza il difensore. Si può immaginare la natura. Il muratore avrebbe risposto a tutto, forse solo un paio di non ricordo. Ma non sembra che dai riscontri siano emerse particolari ombre, frequentazioni imbarazzanti, amicizie pericolose. Tantomeno amanti o giri segreti. 

538em;">La partita a scacchi, insomma, si fa decisamente complicata. Tocca all'accusa dimostrare la colpevolezza, ogni parola di Bossetti, sarà vagliata controllata. In attesa di trovare qualche altro tassello per il mosaico.

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