La Turchia scomunica il Papa: «Ha la mentalità da crociato»

Francesco ricorda il massacro armeno sotto l'impero ottomano. La reazione dura del governo di Ankara

Gian Micalessin

Il Papa come i Crociati e la Turchia come l'Isis. Trascinata dalla rabbia contro un Pontefice colpevole di ricordare il genocidio del popolo armeno la Turchia esibisce il suo volto peggiore. Il volto di una nazione trascinata dal presidente Recep Tayyp Erdogan nella trincea dell'islamismo più estremista. Una nazione pronta a buttare la maschera europea per assumere il vocabolario e l'ideologia del Califfato arrivando ad identificare Papa Francesco con i nemici di nove secoli fa. «Le attività del Papa e del papato portano le tracce e i riflessi della mentalità delle Crociate». Nelle dichiarazioni con cui il vice premier turco Nurettin Canikli attacca Papa Francesco - colpevole di aver ricordato da Erevan gli orrori del genocidio commesso cento anni fa dall'impero Ottomano - c'è molto di più di una semplice polemica storica e politica. In quella dichiarazione, pronunciata esibendo le stesse terminologie utilizzate dallo Stato Islamico per identificare i nemici cristiani ed occidentali si legge il medesimo desiderio di dividere il mondo schieramenti contrapponendo Turchia ed Islam ad Occidente e Cristianesimo. L'utilizzo di una terminologia così sfacciata proprio all'indomani della Brexit non è casuale. Erdogan sa bene che dopo il voto inglese Bruxelles non potrà più ignorare l'evidente deriva islamista del suo sistema di potere. Una deriva che fa il paio con la spietata repressione della minoranza curda e la sistematica violazione dei diritti umani nei confronti di dissidenti e oppositori politici. Quell'inevitabile svolta - oltre a rendere molto più lunghi e complessi i negoziati per l'entrata di Ankara nella Ue - porterà inevitabilmente alla cancellazione della recente promessa di garantire libera circolazione nello spazio Schengen a 70 milioni di turchi grazie all'eliminazione dell'obbligo di visto. Proprio per questo Erdogan s'è già lanciato in una virulenta campagna anti Bruxelles affermando che «il problema non è la Turchia, ma l'Ue stessa» ed attribuendo il rinvio dell'ingresso di Ankara in Europa ad un «atteggiamento islamobofico nei confronti della Turchia». Il violento attacco del vice premier Canikly a Papa Francesco altro non è se non l'immediato adeguamento al radicale cambio di rotta indicato dal presidente. Un cambio di rotta che punta ad allontanare la Turchia dall'asse della Nato e dell'Occidente per avvicinarla a quell'Islam radicale con cui Erdogan, seguace da sempre della Fratellanza Musulmana, non ha mai rotto i ponti. L'aspetto più inquietante di questo progressivo ed evidente riallineamento alla sfera jihadista è l'assoluta disinvoltura esibita ieri nel mutuare toni e termini diventati la simbologia semantica dell'ideologia dello Stato Islamico. Pur mantenendo con il vicino «Califfato» rapporti oltremodo ambigui che spaziavano dalla fornitura di armi alla compravendita del petrolio siriano, dalla protezione alla libera circolazione sul proprio territorio dei suoi militanti, Ankara si era sempre ben guardata dall'evidenziare qualsiasi collusione ideologica con lo Stato Islamico . Ora anche questa sottile barriera rossa sembra saltata. Accusando di «mentalità crociata» il pontefice Ankara fa suo lo schema propagandistico utilizzato dal Califfato quando invita il resto del mondo islamico a «stare con lui o con i Crociati» . Ma nella scelta delle parole è anche evidente il tentativo di identificare Papa Francesco con quanti, nei secoli, hanno cercato di soggiogare i territori dell'Islam e ne sono stati sconfitti. Un messaggio devastante se si pensa a come l'Isis ha usato il termine «crociati» negli ultimi anni. «Ministro crociato» è stato definito il nostro ministro degli esteri Paolo Gentiloni non appena ha accennato alla possibilità di combattere l'avvento dello Stato Islamico in Libia. E una risposta alle «invasioni crociate» viene definita la ricorrente promessa di conquistare Roma e il Vaticano. «Questa volta noi vi inseguiremo e voi non potrete reagire.

Come promesso da Allah conquisteremo Roma, spezzeremo le vostre croci e faremo schiave le vostre donne». Fino a ieri lo si poteva leggere solo su Dabiq, la rivista del Califfato. Da oggi incominciamo a leggerlo anche tra le righe dei comunicati di Ankara.

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