Il «cantiere» si trasforma in ring. Giovanni Toti cita Gandhi nell'intervento che chiude i lavori della prima convention di «Italia al Centro». Sembra quasi la parodia degli interventi guerrafondai che si levano dall'Auditorium Antonianum.
Sul palco sfilano Mastella, Calenda, Rosato, Gelmini. Altro che pace e amore. È una rissa in salsa centrista. Calenda piccona tutti. Il leader di Azione indossa l'abito del «grillino duro e puro». Mastella non ci sta e reagisce male (sfiorando l'insulto). Rosato (che porta il messaggio di Matteo Renzi) è deluso. Ma anche il più lucido. Che faticaccia per Giovanni Toti. Il suo non è un messaggio programmatico. Ma un elenco di risposte e precisazioni. Il «Grande Centro» è già sepolto. Per ora sembra un pollaio dove i galli si azzuffano. Di Maio e Sala si tengono a debita distanza. La stoccata via social arriva anche da Antonio Tajani: «Oggi assistiamo all'ennesima sfilata di generali senza truppe. Le esperienze del Ncd o del partito di Monti avrebbero dovuto insegnare qualcosa. Berlusconi è inimitabile».
Il ministro Mariastella Gelmini è ancora più netta: «Sono qui non per inseguire collocazioni politiche o geometrie politiche, ma per raccontare quello che stiamo facendo al governo sul Pnrr, per rispettare le scadenze, sull'autonomia differenziata, per contrastare il caro energia e il caro materie prime, per sostenere famiglie e imprese».
Unica nota lieta: la puntualità. Alle 10 e 30 inizia la carrellata di interventi. L'apertura dei lavori è affidata a Gaetano Quagliariello. È lo stesso senatore (non un sosia) che meno di un anno fa ipotizzava un futuro politico roseo per Coraggio Italia (la creatura politica di Toti e Brugnaro in liquidazione). Il buon Quagliariello deve ripetersi. E trovare le parole giuste: «Oggi parte un cantiere e occorre recintare uno spazio per fare un cantiere e serve la manodopera. Qui ci sono persone che hanno sempre creduto che una forza centrale, liberale, moderata sia necessaria. Ma c'è il rischio che quest'area scompaia dalla geografia italiana e noi stiamo lavorando perché questo non accada e cerchiamo di farlo in maniera inclusiva».
Ecco il terrore: tutti a casa. Arriva il turno di Calenda. E sono bordate: «Il fritto misto non serve, serve ai nostri avversari per criticarci. Il centro liberale è un luogo di scelte nette, per questo è rivoluzionario. Il nostro (Azione) è un cantiere aperto e il 24 settembre, data del congresso, chiunque può venire. Ma sarò franco: Toti è un bravo amministratore così come il sindaco Bucci. Se volete venire con noi dovete essere netti, e dire che non si può stare un po' qua e un po là. Se dite che è aperto a tutti finirete annacquati in un centro che non serve a nessuno», affonda il leader di Azione.
Mastella, che viene dalla terra delle fritture di pesce di De Luca, si sente offeso e reagisce malissimo: «La strategia del pariolino non mi convince perché non porta da nessuna parte: dice che Di Maio non va bene, che Renzi non va bene, di Mastella non ne parliamo. Ma così non si va da nessuna parte e io non vorrei che poi facesse l'alleanza con il Pd. Vogliamo che vinca ancora il populismo? Il pariolino mi pare la quinta colonna del populismo».
Il più lucido appare Ettore Rosato (Iv) che coglie la confusione: «Evitiamo di fare dieci costituenti del centro, ma cerchiamo di mettere insieme le energie che abbiamo, che sono molte di più della somma dei singoli
partiti. Ognuno porta il suo pezzo ma la costruzione dell'area di centro passa necessariamente per un progetto».Toti chiude i lavori con una speranza (più che una certezza): «Siamo partiti davvero, ora dobbiamo andare avanti».
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