Uber si converte a bici e motorini

La società vuole smarcarsi dalle auto. Ma i bilanci sono in rosso

Uber si converte a bici e motorini

Non solo abitudini: bisognerà anche cambiare vocabolario. Perché ormai «Uber» è diventato sinonimo di «taxi» (con buona pace dei tassisti). «Prendiamo un Uber?» è una frase abituale, almeno per i 18 milioni di utenti del servizio di trasporto automobilistico nato nel 2009. Come ha spiegato il Ceo Dara Khosrowshahi al Financial Times, c'è un cambio di strategia all'orizzonte: l'azienda californiana ha comunicato che investirà di più su biciclette e scooter elettrici e meno sulle auto.

Il motivo? Le due ruote sono mezzi di trasporto che si adattano meglio ai ritmi e alle esigenze della città. «Nelle ore di punta non è efficiente per un gigante di metallo da una tonnellata trasportare una persona per dieci isolati - ha spiegato Khosrowshahi -. Possiamo far sì che questo cambiamento sia una vittoria sia per i clienti sia per le città». Uber, in realtà, ha già iniziato ad attrezzarsi in questo senso: a febbraio ha aggiunto le e-bike, le biciclette elettriche, alla sua app e in aprile ha acquistato per circa 200 milioni di dollari la società di bike sharing Jump, i cui mezzi sono ora disponibili in otto città degli Stati Uniti, tra cui New York, Washington e Denver, e presto arriveranno anche a Berlino. Sul fronte dei motori, Khosrowshahi ha stretto accordi con la società di scooter elettrici Lime. E sempre nel tentativo di differenziare i propri prodotti e di trasformare Uber in una «piattaforma della mobilità urbana», ad aprile la creatura di Travis Kalanick ha avviato una partnership con Masabi, app nata a Londra che permette di acquistare biglietti per il trasporto pubblico in una trentina di città nel mondo.

Quella di allontanarsi dal trasporto automobilistico, finora il suo core business, è per Uber una doppia sfida. L'anno scorso la società ha chiuso con 4,5 miliardi di dollari di perdite, e la scelta di investire in bici e scooter darà i primi risultati - se li darà - solo a lungo termine, economicamente parlando. Una corsa sulle due ruote, infatti, fa guadagnare meno rispetto alla stessa corsa fatta in auto, ma secondo l'azienda questo «danno» sarebbe compensato dal fatto che i clienti userebbero l'app più frequentemente per viaggi più brevi.

«Finanziariamente nel breve termine potrebbe forse non essere una vittoria per noi - si è detto convinto l'amministratore delegato -, ma da un punto di vista strategico pensiamo sia esattamente quello che vogliamo fare».

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