Usa, Regno Unito e Israele. I raid contro lo Yemen e la strategia anti-Houthi

Nel mirino centrali elettriche e porti Netanyahu: "Chi ci attacca paga"

Usa, Regno Unito e Israele. I raid contro lo Yemen e la strategia anti-Houthi
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Dopo 40 missili terra-terra e 320 droni provenienti da 2mila chilometri di distanza che l'anno passato hanno spedito tutta Israele, dal deserto al mare, da Gerusalemme a Tel Aviv, a rifugiarsi nottetempo, adesso dopo l'attacco di ieri coordinato da Israele con gli Stati Uniti e l'Inghilterra può darsi si calmi l'armata degli Houthi, superattiva, superjihadista, decisa a colpire l'odiata Israele, per ordine dell'Iran, dal lontanissimo Yemen. In Israele nessuno, nemmeno il Mossad, riusciva a capire il dialetto yemenita degli Houthi e a decifrare i loro messaggi: così sono stati arruolati i vecchietti yemeniti che decine di anni fa giunsero, poverissimi e pieni di speranza, in Israele e portarono la loro immensa cultura biblica, i lunghi riccioli laterali e l'ottimo jachnun. Probabilmente hanno aiutato con soddisfazione il grande attacco di 20 aerei da guerra che ha preso di mira le centrali elettriche, Heryaz, e i due porti Hoeidah e Ras Issa sulla costa occidentale. L'Iran ha armato, allenato, usato cinicamente in quel Paese misero gli Houthi da decenni, e ora con loro seguitava a dare segnali di vita.

Anche Hamas ha sparato 25 missili in una settimana, e Hezbollah vuole riorganizzarsi. Ma è crollato il sistema di strangolamento di Israele e la strategia antioccidentale. Ieri, in Yemen, le riserve di petrolio e i moli sono stati colpiti, ma, hanno detto le forze britanniche, nessuna nave civile è stata danneggiata. Israele ha colpito le strutture economiche, gli alleati quelle militari. Questa divisione dei compiti stabilita dal Centcom ha distrutto anche gallerie sotterranee, depositi d'armi e strutture militari. Gli Iraniani possono riflettere sullo scenario in cui si può porre la questione del loro apparato nucleare e dei loro missili. L'avvertimento, è per loro. Netanyahu ha detto che gli «Houthi hanno pagato e seguiteranno a pagare un pesante prezzo per la loro aggressione» e che così sarà «per chiunque attacchi i nostri cittadini e il nostro Paese».

Israele, che ha ridotto a più miti consigli le tre H, Hamas, Hezbollah e Houthi, ha ancora quei fronti semiaperti e l'avvicinarsi dell'ingresso di Trump alla Casa Bianca stringe il tempo delle decisioni e il ministro Katz ha chiesto un piano all'esercito per prepararsi all'avvento di Trump. La sua promessa di scatenare l'inferno fra le file di Hamas se i rapiti non verranno restituiti motiva dunque l'IDF a definire un piano per la sconfitta di Hamas a Gaza in tempi brevi, per evitare che rapiti «languano durante una guerra di attrizione».

Questo dovrebbe portare alla fine del potere di Hamas e aprire le porte al futuro; così, la nuova situazione Libanese promette, almeno in teoria, l'espulsione degli Hezbollah dal potere. Israele vuole chiudere il cerchio: il Libano ha ormai un presidente, il generale Aoun, che dovrebbe riuscire finalmente a avviare il disarmo degli Hezbollah, dopo la sorpresa dei beeper e la morte di Nasrallah. Per ora, verso la conclusione dei 60 giorni di tregua, Israele mantiene le truppe dove ancora la pulizia non ritiene sia stata fatta. In Siria, anche se il crollo di Assad ha siglato la nuova debolezza dell'Iran e della Russia, Israele non si fida e controlla, permanendo all'interno, il terreno confinante, dove scopre di continuo nuove armi che non vuole finiscano nelle mani di al Jolani. Il bombardamento Houthi di nuovo segna la direzione della crisi iraniana: palestinesi, islamici sciiti e sunniti, persino Erdogan, se ne rendono conto.

I Sauditi sono all'orizzonte con Trump. Lui, certo vede oggi questo panorama, in cui balena un tramonto del regime degli ayatollah. Se dovesse cedere, darebbe agli USA lo spazio per nuovo Medio Oriente post Gaza, con un nuovo patto di Abramo.

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