Dal vaccino alla politica romana. La virostar che ha cambiato idea su tutto

A inizio pandemia si dichiarò scettico sulla profilassi, ma fece dietrofront. Il feeling con Zaia e poi il posto nelle liste del Pd

Dal vaccino alla politica romana. La virostar che ha cambiato idea su tutto

Quando parlava dei vaccini, più o meno due anni fa, li immaginava in un futuro lontano come la Terra promessa per Mosè. Poi l'accelerazione tecnologica gli ha tagliato la strada e lui si è adeguato. Non c'è genio che non cambi idea e anche Andrea Crisanti, transitato dagli alambicchi alla tv e ora dalla tv alle schede della circoscrizione Europa, non sfugge a questa regola. Il Pd, che lo catapulta in politica, spera di fare il botto. Ma chi lo conosce e ne apprezza la franchezza, immagina che prima o poi si stancherà anche del Nazareno. Ospite del salotto di Lilli Gruber, poco più di due anni fa, svisceró la sua filosofia in una battuta: «Tutto quello che abbiamo fatto di buono, l'abbiamo fatto perchè non abbiamo ascoltato Roma». Allora era di moda il modello Veneto, contrapposto ad arte alla malandata Lombardia, e lui passava per leghista. In realtà il suo cuore batteva a sinistra, adesso addirittura racconta che era così dai tempi in cui ragazzo frequentava la Fgci e ammirava Berlinguer; però talento e vanità spesso vanno a braccetto: inviava, lui che era professore all'università di Padova, sms a Zaia e Zaia azzeccò la mossa, andando oltre l'evidenza dei malati sintomatici e chiudendo in una morsa il paese laboratorio di Vó Euganeo, mentre il virus scappava fra le maglie troppo larghe di Codogno e poi di Bergamo. Un idolo Andrea Crisanti, preceduto da un curriculum lungo come un lenzuolo e dalla fama di essere uno dei massimi studiosi al mondo di malaria.

Poi però Zaia comincio a distribuire premi e medaglie al suo staff come fanno i presidenti di certi ordini professionali nelle cerimonie cariche di over e lui si risentì.

Il cuore che già era posizionato dalla parte giusta si riscaldó ancora di più: un tecnico ad alta gradazione politica. In realtà Crisanti che è stato una vita a Londra, all'Imperial College, sognava un partito laburista all'italiana, ma si dovrà accontentare: invece di Blair ecco Letta. E con Letta ha deciso di fare il grande salto, subito punzecchiato da Matteo Bassetti, a sua volta indisponibile a candidarsi ma disponibile a fare il ministro: «Crisanti fa una scelta per il futuro, visto che è vicino alla pensione».

Lui, più che polemizzare con il televirologo schierato a destra, era già impegnato a demolire il ministro uscente della salute, Roberto Speranza, appartenente per inciso al suo stesso gruppo: «Sull'operato di Speranza non ho mai fatto polemica. Penso che sia stato vittima di un sistema fatto di tecnici scelti prima del suo arrivo sulla base di appartenenze politiche e lottizzazioni». Brutte pratiche che evidentemente Speranza, ministro non una ma due volte di fila nei governi Conte-2 e Draghi, non è riuscito a eliminare e nemmeno, par di capire, ad attenuare. Chapeau.

Se questo è il biglietto da visita, c'è da aspettare i fuochi d'artificio. Il virologo, e non è un gioco di parole, è abituato alle virate. Si fida della scienza e ancora di più del proprio ego: ragionamento e intuito, in cui indubbiamente ha capacità non comuni. «Vaccinarsi contro il Covid a gennaio? - predicava nel deserto dei primi mesi di infezione - Senza dati io non lo farei. Normalmente ci vogliono dai 5 agli 8 anni per produrre un vaccino. Per questo, senza dati a disposizione, io non farei il primo vaccino che dovesse arrivare a gennaio. Perché vorrei essere sicuro che questo vaccino sia stato opportunamente testato e che soddisfi tutti i criteri di sicurezza ed efficacia. Ne ho diritto come cittadino e non sono disposto ad accettare scorciatoie».

Poi dev'essersi convinto, e davanti alle telecamere ha arrotolato le maniche e scoperto il braccio. Così lo scienziato scettico è salito sulla grande onda del pensiero dominante e, già che c'era, si è imbarcato sulla nave-partito che più si è schierata per seconde e terze dosi, arrivando a scomunicare non tanto i no vax ma anche chi osava riproporre alcune domande di fondo sui rischi a medio e lungo termine di una campagna senza precedenti.

Intanto

nel suo personalissimo programma c'è un tratto che non piacerà a certa vecchia sinistra libertaria: «Rinunciare a un po' di privacy per geolocalizzazione le persone e circoscrivere i focolai». Chissà come andrà a finire.

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