Gli stracci che la circondavano hanno cominciato a prendere fuoco verso le 5,30 di mercoledì mattina. Ma l'ipotesi dell'autocombustione o dell'incidente è stata subito scartata: a distruggere la Venere degli stracci, l'opera d'arte di Michelangelo Pistoletto in mostra da due settimane in piazza del Municipio, a Napoli, è stato un atto volontario. Ma non è stato l'esito di una sfida social, come si era creduto in un primo momento. A metà pomeriggio è stato fermato un 32enne senza fossa dimora.
«Non dichiaro guerra preventiva a chi ha fatto questo gesto catastrofico, ma propongo la pace preventiva», il commento dell'artista piemontese, uno dei principali esponenti dell'arte povera. E pensare che la Venere - presentata il 28 giugno scorso come prima installazione della rassegna «Napoli Contemporanea 2023» - per lui rappresentava «l'umanità di oggi, chiamata a esprimere il suo lato migliore». Parole che adesso, dopo il rogo doloso che l'ha incenerita, suonano come una beffa. Gli stracci dati alle fiamme simboleggiavano gli scarti o i rifiuti, che la Venere ha il potere di rigenerare. L'opera era al centro della «nuova» piazza Municipio, riaperta di recente dopo lunghi lavori, in posizione centrale tra il palazzo del Comune, la Fontana del Tritone, il Maschio Angioino e l'area del porto. «La Venere che viene dalla storia della bellezza rigenera questi stracci, che di colpo diventano opera d'arte e ritornano a vivere», aveva detto Pistoletto il giorno dell'inaugurazione. Era stato il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, a rilanciare la pista suggerita dalla Fondazione Pistoletto della challenge che vedeva l'opera come possibile bersaglio di un atto di vandalismo. «Negli ultimi giorni c'era una specie di gara di gente che invitava a bruciare la statua», aveva spiegato, facendo ipotizzare che ad agire potesse essere stata una delle tante baby gang che imperversano nella zona del centro cittadino. Ma le indagini della Questura, che per prima cosa ha visionato i video delle telecamere di sorveglianza istallate nella zona, hanno fatto presto emergere un'altra storia. A dare fuoco agli stracci della Venere sarebbe stato un clochard di nazionalità italiana, rintracciato in una mensa in via Marina e fermato con l'accusa di incendio e distruzione di beni culturali. Il sindaco assicura che la Venere sarà rifatta. «Io sono pronto. L'azione di distruzione dell'opera d'arte suscita non solo sdegno, ma necessità di proseguire verso una strada diversa, che è la strada dell'armonia», dice Pistoletto. Sul luogo del rogo qualcuno ha posto dei fiori e dei bigliettini. «Che dalle tue ceneri possa rinascere una città migliore», c'è scritto su uno. «La delusione e l'amarezza sono mitigate dalla consapevolezza che un'inutile minoranza non può inficiare la dignità di una città», recita un altro. I turisti guardano increduli quello che è rimasto della statua. Qualche napoletano corre ai ripari, chiedendo di non generalizzare e di non condannare l'intera città.
Pistoletto si dice spaventato, più che stupito, da quanto accaduto: «Perché mi mette davanti a una situazione drammatica del nostro tempo: un tempo in cui si continua a rispondere a qualsiasi proposta di bellezza, di pace e di armonia con il fuoco e con la guerra». Manfredi non dà seguito alle polemiche sulla sicurezza: «Non credo in una società sorvegliata, credo nella sorveglianza sociale».
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