Il vertice con Renzi e il pressing dei finanziatori: Azione corra da sola

Incontro fra Calenda e l'ex premier, che si mobilita per la Leopolda. Partita aperta

Il vertice con Renzi e il pressing dei finanziatori: Azione corra da sola

Matteo Renzi minaccia: «È arrivata l'ora di ritornare a fare Matteo Renzi». Leopolda convocata, dall'1 al 3 settembre a Firenze: evento che segnerà l'avvio ufficiale della campagna elettorale. I motori del camper renziano (come ai tempi delle primarie nel 2012 contro Pierluigi Bersani) sono accesi. Si annuncia la corsa solitaria. Anche se proprio ieri il leader di Iv ha avuto un incontro «cordiale e affettuoso» proprio con Calenda. «Ha molte posizioni simili alle mie» conferma poi Renzi a Zona bianca su Rete4. E poi aggiunge: «Ho sentito anche Letta al quale ho detto che se c'è un progetto serio per il Paese sono disponibilissimo a dare una mano, a aiutare. Se invece si deve fare una discussione sulle alleanze priva di contenuti reali, andiamo da soli».

Intanto nella trattativa tra Azione e Pd si registra una frenata del dialogo, con i finanziatori di Azione che bocciano l'intesa con i dem. Calenda, da ieri sera, ha attivato la chat con gli imprenditori che finanziano il suo progetto politico . Renzi osserva e getta l'amo: «Ci sono alcune persone molto più vicine, come Calenda, di quanto lo siano Fratelli d'Italia e i 5 stelle e spero si possa stare insieme». Per Renzi «in questi due mesi di campagna elettorale l'Italia si gioca moltissimo. Il nostro obiettivo è chiaro: noi non vogliamo portare Meloni o Salvini a Palazzo Chigi ma riportarci Draghi. E poi fare finalmente la riforma costituzionale del Sindaco d'Italia».Il Pd vorrebbe trovare l'intesa solo con Azione. Renzi ne prende atto: «Se c'è un veto politico su di noi ne prendiamo atto». Il piano b è pronto. I coordinatori regionali di Iv sono stati allertati: tutti mobilitati per candidare consiglieri regionali e sindaci nei collegi uninominali. È una chiamata alle armi. I sondaggi attribuiscono al partito Italia viva l'1,9%. La soglia di sbarramento è fissata al 4. Missione impossibile. Renzi è costretto a provarci. Il Pd lo butta fuori dalla coalizione. E forse dal Parlamento. L'ex premier deve rispolverare ciò resta del repertorio renziano degli anni d'oro. Quelli del 40%, la soglia di consensi più alta mai raggiunta dal Pd nel 2014 con la guida del rottamatore. Si gioca la poltrona in Senato e il futuro politico. La prima mossa riguarda la comunicazione. Mentre la sinistra gode per la macchina del fango attivata contro Giorgia Meloni e il centrodestra, lui ne prende le distanze. Non partecipa al tiro al piccione: «Basta con questo provincialismo. Farò di tutto per evitare Meloni premier, ma se lei andrà a Palazzo Chigi rispetteremo le urne senza delegittimare a livello internazionale chi sta a Palazzo Chigi. Un eventuale governo Meloni sarà un problema per gli italiani, non per gli americani. Ecco perché lavoro per evitarlo, rappresentando l'area politica del buon senso e della competenza», precisa nell'intervista al Corriere della Sera. E in tv rivela: «La responsabilità di aver mandato Draghi a casa è di una sola persona: di Giuseppe Conte. E lo ha fatto anche per un suo tornaconto e perché forse salva la seggiola. Poi ci sono responsabilità di Forza Italia e della Lega e anche di qualcuno che non voleva votare il Draghi bis, perché sognava, come mi ha detto il mio amico Roberto Speranza, di fare un nuovo governo giallorosso».

L'ex rottamatore accelera: «All'inizio di agosto avremo i candidati pronti per tutti i collegi.

A inizio settembre, poi, ci vediamo alla Leopolda, anticipata per l'occasione. Abbiamo già vinto sfide controvento. Facciamo politica seguendo l'appello di Sturzo ai liberi e forti. Liberi e forti». Renzi ritorna al centro.

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