La nomina di Marcello Viola a capo della Procura di Milano è la svolta che ci voleva. A spiegarlo al Giornale è Paola Braggion, da anni giudice civile nel capoluogo lombardo e oggi componente del Consiglio superiore della magistratura, che giovedì ha eletto il procuratore generale di Firenze alla guida di quello che fu il tempio di Mani Pulite.
La Procura di Milano ha attraversato in questi mesi difficoltà senza precedenti. Con Viola si potrà girare pagina?
«Certo. Quella di Viola, preveniente da altro distretto, è una nomina molto opportuna, che consentirà alla Procura di ripartire e di ritrovare serenità dopo un periodo di tensioni e gravi difficoltà, dettate da assetti organizzativi, da divisioni e da accadimenti senza precedenti, che hanno generato anche procedimenti penali e disciplinari».
Non era meglio, come chiedeva la sinistra, scegliere un candidato milanese come Maurizio Romanelli?
«Non ritengo fosse preferibile la nomina di Romanelli, non perché questi non sia in grado di dirigere una Procura che ben conosce, ma perché, oltre ad essere maggiormente titolato, Viola ha esperienze di direzione di uffici diversi e non conosce le dinamiche interne, in questo momento connotate da tensioni e difficoltà, e dunque può meglio raccogliere la sfida della pacificazione interna, accanto a quella della riorganizzazione dell'Ufficio».
Come spiega quanto è accaduto in questi mesi a Milano, le contrapposizioni laceranti in una Procura una volta compatta?
«Gli equilibri degli uffici giudiziari si poggiano sull'organizzazione e sulla professionalità dei magistrati, ma anche sulla relazione tra i magistrati che li compongono e che unitariamente devono rispondere alla domanda di giustizia dei cittadini, senza personalismi o incomprensioni. Talvolta può accadere che alcune situazioni vengano esasperate anche dalla risonanza esterna che assumono con riflessi destabilizzanti per l'ufficio».
La nomina di Viola rompe un'epoca che ha visto la sinistra occupare in pianta stabile i posti di comando a Milano. È finita un'epoca o sono solo cambiati gli equilibri?
«Il Csm sta cercando di dimostrare ai colleghi e ai cittadini con la massima trasparenza che le proprie decisioni, derivanti dallo studio approfondito delle pratiche, non sono dettate da accordi correntizi e predeterminati, ma dipendono dalla applicazione delle norme. Quanto alle nomine dei dirigenti, le frequenti proposte contrapposte dimostrano che non vi sono accordi predeterminati e correntizi o equilibri da rispettare, ma che si valorizzano nei curricula degli aspiranti gli indicatori delle capacità organizzativa e attitudinale a ricoprire un determinato incarico direttivo».
Contro la candidatura di Viola si è evocato l'Hotel Champagne, contro quella di Romanelli le chat. Per quanto ancora la giustizia italiana verrà condizionata dal caso Palamara?
«L'effetto negativo della vicenda Palamara si protrarrà ancora a lungo, condizionando giudizi e opinioni sull'operato di molti, e gettando ingiustificato discredito su tutta la magistratura e sui magistrati che silenziosamente e coscienziosamente svolgono il loro delicato compito.
La nomina di Viola rappresenta un primo passo per superare questa fase e restituisce a lui la dignità di magistrato integerrimo, ingiustamente evocato da terzi a sua insaputa, e spero possa davvero inaugurare una diversa stagione che non guardi più alla magistratura con l'ingiusto sospetto di essere portatrice di valori individuali, diversi da quelli previsti dalla Costituzione».
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