Dalla guerra alle porte dell'Europa a un potenziale nuovo conflitto nell'Indo-Pacifico, sta tutto in pochi incisi, pronunciati a porte chiuse dal leader cinese, la strada che secondo Xi Jinping può portare la Cina a scalzare l'America sul fronte economico e politico globale. All'Assemblea nazionale del popolo (Anp), a Pechino, il presidente del già Celeste impero ha infatti esplicitato la sua personale ricetta per promuovere lo «sviluppo di alta qualità» e trasformare la Cina in «un grande Paese socialista moderno». Seppure sia una formula già emersa durante il decennio di governo del partito, per la prima volta ha acceso il megafono su ciò che finora era stato custodito solo nei cassetti dei funzionari cinesi: la strategia. E lo ha fatto filtrare: «Per far fronte alla feroce concorrenza internazionale, la Cina dovrebbe far affidamento sull'innovazione scientifica e tecnologica», ha affermato Xi, chiedendo più cooperazione tra l'industria cinese, il mondo accademico e gli istituti, per sostenere «la ricerca originale e pionieristica». «Maggiore autosufficienza», insomma; con la formula del socialismo hi-tech.
Il futuro del «piano» passa però da Taiwan (che Xi considera «cinese»). Il 90% dei microchip più avanzati sono infatti prodotti dalle industrie dell'isola-Stato, da cui dipende il 65% del mercato mondiale. E ora più che mai le autorità locali temono che Pechino stia preparando un'azione per riannettere Taiwan (e le sue industrie). Ieri il ministro della Difesa taiwanese, Chiu Kuo-cheng, ha invitato a tenere alta l'allerta su un «ingresso provvisorio» delle forze cinesi; temuto, visto il forte aumento della spesa militare del Dragone (+7,2% rispetto al 2022 per un totale di 230 miliardi di dollari nel bilancio 2023). La Cina ha rivendicato ancora la sovranità sull'arcipelago: su entrambi i lati dello Stretto. L'annessione non è però solo un obiettivo dichiarato, è parte della strategia hi-tech di Xi, che non tollera interferenze. E per non inviare segnali sbagliati da Washington (visto cosa accadde con la visita di Nancy Pelosi dell'estate scorsa), l'attuale speaker della Camera statunitense, Kevin McCarty, ieri ha reso nota la rinuncia alla visita alla presidente Tsai Ing-wen: la vedrà in aprile in California, non sull'isola.
Gli Usa sorvegliano costantemente l'arcipelago, in cui si gioca ben più di una partita a due. Alta tecnologia, semiconduttori e intelligenza artificiale concentrate in un micro-Stato che dà fiato hi-tech all'intero pianeta non vanno giù a Pechino. Tutto il ben di tecnologia potrebbe essere del Dragone. E quando Xi dice che bisogna dare priorità alla strada per l'auto-sostenibilità, a Taiwan fischiano le orecchie; specie ora che Biden ha imposto restrizioni per complicare l'accesso cinese alle tecnologie. Xi aveva già parlato del raggiungimento dell'autosufficienza nel settore come terreno di contesa con gli States. E proverà a costruire il socialismo in salsa hi-tech: con catene di approvvigionamento ancora tutte da ridefinire, sfruttando Taiwan come grimaldello, fino a impiantare una iper-centralizzazione cinese più simile a un'autarchia. Basti pensare ai «freni» messi in campo in casa da figure imprenditoriali come il fondatore di Alibaba, Jack Ma; ritiratosi, perché oscurava il regime. Nel 2023 Xi sembra voler piazzare un nuova zampata.
Ha spiegato che il mondo è entrato nell'era della «grande scienza». E per mantenere una leadership forte deve rispondere alle restrizioni imposte dagli Usa. Ancora una volta, lo fa minacciando «misure ferme per difendere la sovranità e integrità territoriale».
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