Lo youtuber va ai domiciliari: "Voleva scappare all'estero"

I pm avevano chiesto l'arresto di Di Pietro una settimana fa: "Pericolo di fuga". Attesa per gli esami sugli smartphone

Lo youtuber va ai domiciliari: "Voleva scappare all'estero"
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Roma. Arrestato Matteo Di Pietro. A dieci giorni dal drammatico incidente di Casalpalocco, emessa l'ordinanza di custodia cautelare, ai domiciliari, per il 20enne youtuber alla guida della Lamborghini Urus che ha travolto la Smart FourFour di Elena Uccello, 28 anni, uccidendo il figlio Manuel Proietti, 5 anni, e ferendo la donna e l'altra figlia, Aurora di tre. Il provvedimento, da una settimana sul tavolo del gip, è stato eseguito ieri mattina.

Confermate le accuse: omicidio stradale aggravato dall'uso di sostanze stupefacenti e dalla velocità, lesioni. Fra le motivazioni dell'arresto il pericolo di allontanamento, ipotesi concreta avvalorata dalle «voci di quartiere», smentite dai legali della famiglia, che sostenevano una fuga degli indagati all'estero, in Spagna per Di Pietro, in Turchia per il socio della «The Borderline» Vito Loiacono. Meno temuto il pericolo di reiterazione del reato dato che a Di Pietro è stata sospesa la patente e non possiede mezzi da guidare, tantomeno quello dell'inquinamento delle prove visto che tutti i dispositivi dei quattro a bordo del Suv sono stati sequestrati.

Telefonini, videocamera, dirette sulle varie piattaforme durante la challenge, la sfida assurda delle cinquanta ore alla guida del bolide senza mai scendere. Restano indagati, in concorso, gli altri tre ragazzi a bordo del Suv preso a noleggio: Gaia Nota sul sedile accanto al guidatore, Vito Loiacono, detto «Motosega», e Marco Ciaffaroni, soprannominato «Ciaffa», di dietro. Determinanti le testimonianze dei primi soccorritori, degli autisti di due bus, di altri automobilisti e di Gaia, estranea al gruppo ma amica di Di Pietro. «Io su quella macchina non ci volevo nemmeno salire, ha insistito Matteo e così mi hanno dato un passaggio pochi metri prima dell'incidente», mette a verbale.

Ad aggravare la situazione per Di Pietro e i suoi soci il loro atteggiamento successivo al dramma. Ridono, scherzano e, soprattutto, continuano a filmare mentre la mamma e i suoi bambini sono incastrati fra le lamiere. Tanto che, mentre un uomo si scaglia a male parole contro uno di loro con il telefonino in azione, un altro del gruppo filma il parapiglia. Nessuno di loro avrebbe chiamato i soccorsi, allertati da altri. «L'ambulanza ci ha messo un'ora ad arrivare», la difesa di Di Pietro che sostiene anche che la Smart avrebbe tagliato loro la strada girando per via Archelao di Mileto.

«La Lamborghini aveva la precedenza - spiega lo zio avvocato - e Matteo non andava a più di 80 chilometri l'ora». Su un tratto urbano, va sottolineato, il cui limite è 30 chilometri orari. Non solo. Dai primi accertamenti dalle telecamere del quartiere e calcoli fra distanza percorsa e tempo impiegato, la supercar viaggiava tra i 110 e i 130 chilometri orari. Nessun segno di frenata, inoltre, sull'asfalto.

La potenza d'urto, compatibile con l'alta velocità, la causa principale della morte di Manuel secondo l'esame autoptico. «Non aveva segni o lesioni esterne, sembrava dormisse», spiega lo zio della vittima. Fra i nodi ancora da chiarire: la scomparsa della scheda di memoria, un ssd, dalla action cam piazzata sul lunotto termico, ritrovata sotto un sedile forse per l'urto, e l'ultimo video cancellato dal cellulare di Di Pietro.

Il ragazzo, oltre ad andare a folle velocità, guidando da decine di ore, fatto di cannabis, stava anche girando un video della «bravata» da postare per gli oltre 600mila followers? Le indagini continuano.

In attesa della perizia tecnica sugli smartphone, sui video rimossi da Youtube, sulle carcasse delle auto, si attendono i risultati degli esami tossicologici dell'arrestato. Esami di livello superiore rispetto al drug test eseguito all'ospedale Grassi di Ostia subito dopo l'impatto, che dovrebbero chiarire una volta per tutte quando il 20enne ha assunto droga e in che quantità.

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