La zia di Sarah si paragona a Gesù: «Anch'io vittima»

La zia di Sarah si paragona a Gesù: «Anch'io vittima»

TarantoPer la prima volta ha deciso di rompere il silenzio, abbandonando la maschera imperturbabile che le è rimasta appiccicata per oltre quattro anni. Lei, Cosima Serrano, condannata in primo grado all'ergastolo insieme alla figlia Sabrina per l'omicidio della nipote Sarah Scazzi, la quindicenne assassinata il 26 agosto del 2010 ad Avetrana, piccolo centro della provincia di Taranto, ha parlato durante l'udienza del processo d'appello: dichiarazioni intervallate dai singhiozzi, parole e lacrime per respingere le accuse e professare la propria innocenza gettando invece nuove ombre sul marito Michele Misseri, che l'avrebbe aggredita due volte. La donna tenta di smontare il movente indicato dalla procura. «Si è parlato tanto di invidia, gelosia, ma non ho mai sentito: che tipo di gelosia, invidia?», si chiede Cosima. Che accenna anche alla madre di Sarah, Concetta. «Mia sorella – afferma - parla male di me, la capisco, ma nel cuor suo sa che non c'entriamo niente». La zia della quindicenne ricostruisce quella mattinata, assicura di essere stata nei campi a lavorare e di essere poi andata a letto a riposare. La donna dichiara di essere una vittima della giustizia. «Sono passati 2015 anni e Gesù Cristo venne condannato dal popolo. Se allora tutti vogliono che siamo condannate… Oggi tutti i giorni vengono condannati degli innocenti», dichiara.

In aula sono state depositate le trascrizioni di tre telefonate intercettate dagli inquirenti. In una conversazione Sabrina parla con il padre, Michele Misseri e gli chiede: «Però papà perché lo hai fatto?». E lui risponde : «Non lo so». Dichiarazioni sincere o depistaggi?

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