Zoccoli, patchwork e gonnelloni a fiori Con Dior un '68 di lusso

La stilista Chiuri si ispira a quell'epoca, ma propone forme attuali e accessori ricercati

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Parigi «Nixon assassin, Liberé le Vietnam» urlavano davanti all'ambasciata americana di Parigi i ragazzi che nel 1968 hanno dato vita al Maggio Francese. Le ragazze manifestavano anche davanti alla boutique Dior di Avenue Montaigne rivendicando una maggior attenzione della maison al fenomeno modaiolo dell'epoca: la minigonna. «Dior è ingiusto con la mini» recita il cartello di una di queste passionarie dell'ago e del filo immortalate sulla foto d'archivio che ha ispirato la bella collezione Dior prét à porter del prossimo inverno in passerella ieri a Parigi. Maria Grazia Chiuri parte da qui o meglio dal cinquantesimo anniversario di quell'anno incredibile celebrato a Roma da È solo l'inizio una mostra (per altro piena di lacune)alla Galleria Nazionale di Arte Moderna. «Mi sono chiesta come ha reagito il mondo della moda a quel cambiamento epocale che portò a una nuova mistica della femminilità e che lanciò un'idea ancora oggi insuperabile: l'immaginazione al potere» racconta la prima designer donna alla guida creativa della storica maison francese. Si è risposta con una valanga di riferimenti intelligenti tra cui il libro di Rozsika Parker The subversive Stitch, un magnifico saggio sui tipici lavori muliebri tipo ricamo e uncinetto dal Medioevo ai giorni nostri. Da qui l'idea del meraviglioso golfone fatto a mano con il simbolo della pace sul davanti oppure di quello che apre la sfilata con una scritta di protesta tipo «se dico no, no, no, è no» trovata su un foulard del fenomenale archivio Dior. Sotto ci sono dei bellissimi kilt scozzesi perché il tartan è una delle grandi tendenze di stagione e a queste cose Madame Chiuri è sempre molto attenta. Il resto è una rilettura molto interessante in chiave chic di tutto ciò che all'epoca faceva scalpore: gli zoccoli da contadina al posto delle scarpe da signorina, le gonnellone a fiori (quelle di Dior sono sublimi, con un gioco di ruche in sbieco da alta sartoria) per non parlare di tutto ciò che oggi viene definito costumizzazione ma allora era un altro modo di ribellarsi. Ecco quindi la giacca patchwork sui pantaloni di pelle argentata, i jeans ricamati e rielaborati, i fiori liberty (una mania sessantottina) in un grande e magnifico ricamo sul trench che sarà di sicuro uno dei tanti best seller di stagione.

Il bello è che tutto ciò non ha per niente l'inconfondibile profumo di patchouli e canne fumate per protesta, perché le forme sono attualissime e gli accessori sono studiati in modo sublime. Tra questi si ricorda in particolare la riedizione della borsa Sella di John Galliano con una lunga tracolla che ti permette di portarla a bandoliera, il classico cappello con visiera da marinaio greco consegnato al mito da Maria Schneider ne L'ultimo tango a Parigi e i più bei zoccoli che si siano visti, con gli stessi ricami tridimensionali di perline colorate.

Un unico errore del tutto perdonabile: la colonna sonora di pezzi remixati di Kate Bush rende lo show un po' troppo didascalica mentre il set con le copertine delle riviste dell'epoca dimostra che la moda ha capito eccome il 68, cavalcandolo fino alla gauche caviar.

Tutta diversa ma in fondo simmetrica la sfilata di Jacquemus, il più bravo tra i giovani designer francesi.

Ancora una volta si risentono echi dell'egregio lavoro fatto negli anni Ottanta da Stephan Janson: i nodi, i kaftani, l'estetica di Saint Laurent in Marocco e in generale. What else?

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