Porto Tolle, gli operai vogliono il carbone ma i giudici fanno gli ecologisti e bloccano tutto

In Veneto in ballo 4mila posti di lavoro. Esplode la protesta a Porto Tolle dopo che il Consiglio di Stato ha bocciato la riconversione della centrale. Bonanni: "Scandaloso"

Porto Tolle, gli operai vogliono il carbone 
ma i giudici fanno gli ecologisti e bloccano tutto

Non capita spesso di vedere dalla stessa parte della barricata operai e industriali, governo pidiellin-leghista e opposizione piddina. A mettere insieme una coalizione che, se andasse al voto, prenderebbe oltre il 90 per cento dei consensi ha provveduto una sentenza, come dire, opinabile del Consiglio di stato che ha bocciato la riconversione a carbone pulito delle centrale Enel di Porto Tolle. Uno scherzo che rischia di far saltare, come ha ricordato il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, un investimento di 2,5 miliardi di euro, la creazione di 3.000 posti di lavoro per i prossimi 5 anni per la costruzione dell'impianto e di circa 1.000 posti di lavoro a regime fra centrale e il nuovo impianto di cattura e sequestro dell'anidride carbonica.

I più incavolati, anche se è difficile stabilire una classifica delle «prese di distanza» dalla sentenza, sono comunque i lavoratori, che hanno pensato bene di andare a manifestare a Roma contro un provvedimento che è stato accolto con giubilo soltanto dalle associazioni ambientaliste. E anche qui, ci sarebbe da dire perché, a regime, la nuova centrale dell'Enel, come dimostrato nell’impianto pilota inaugurato recentemente a Brindisi, l'inquinamento sarebbe molto minore di quello prodotto dall'impianto attuale.

Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, non ha neanche bisogno di leggere le motivazioni della sentenza per definirla «scandalosa». «Il governo deve sbloccare la vicenda di Porto Tolle - attacca -. È davvero scandaloso il rimpallo tra Tar e Consiglio di Stato che di fatto sta bloccando la riconversione a carbone pulito della centrale». In prima fila nell'ipotetica manifestazione di dissenso si presenta anche Andrea Tomat. presidente di Confindustria Veneto. «Il pronunciamento del Consiglio di Stato - ricorda - segue di pochi giorni il blocco degli investimenti, decretato dal Tar del Veneto, per gli stabilimenti di Cementirossi di Fumane e di Italcementi a Monselice. Una domanda sorge impetuosa: qual è l'autonomia delle imprese a programmare sviluppo e crescita? Qual è lo spazio che viene lasciato alla politica industriale, se una qualsiasi associazione, un comitato di cittadini residenti in un'area possono trovare ascolto nei tribunali amministrativi, chiamati a pronunciarsi su questioni complesse e vitali, analizzando il più delle volte solo questioni di carattere formale?».

Il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia definisce incomprensibile la sentenza. «Si tratta di scegliere - ha detto - tra una vecchia centrale a olio combustibile altamente inquinante e una nuova a carbone pulito a basso impatto ambientale». Chissà perché, si chiedono tutti, ambientalisti e Consiglio di stato preferiscono il vecchio al nuovo.

Il governatore del Veneto, Luca Zaia, ieri ha scritto una lettera aperta al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, invitandolo a «sostenere il progetto di riconversione della Centrale di Porto Tolle,

facendo anche ricorso ai mezzi e alle risorse propri del governo nazionale». A giudicare dall'unanimità del dissenso, questa sembra essere una sentenza destinata a fare storia: la prima pronunciata contro il popolo italiano.

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