Premio Facchetti a Gonzalez: un inno alla vita

Filippo Grassia

da Milano

Julio Gonzalez ci ha fatto sentire tutti piccoli piccoli, e non per il suo fisico statuario, quando ha parlato dell’incidente automobilistico che gli ha tolto il braccio sinistro e gli consente solo minimi movimenti con quello destro. E tutto per un maledetto colpo di sonno che, un anno fa, alle 5 di mattina del 22 dicembre, lo ha portato a infilarsi con la sua vettura nella parte posteriore di un mastodontico tir lungo l’autostrada A4 fra Grisignano e Padova Ovest. Inutili i tentativi di evitargli l’amputazione dell’arto. Quella notte è finita la carriera di Julio, 25enne attaccante paraguaiano di buone prospettive, 8 gol in 15 partite, che piaceva a vari club di A fra cui Roma e Fiorentina. Ieri a Milano, nella sala intitolata a Buzzati, un grande del giornalismo, questo gigante di oltre 190 cm. ha ricevuto il premio «Il bello del calcio», istituito dalla Gazzetta dello Sport per ricordare Facchetti e in particolare i suoi valori morali. Ai suoi fianchi la famiglia di Giacinto al completo con la moglie Giovanna, deliziosa e forte nel suo dolore, e i figli tutti. Quasi un passaggio di testimone fra due campioni di sport e di vita.
È corso un lungo brivido fra i presenti, calciatori di ieri e di oggi, rappresentanti delle istituzioni sportive e sportivi comuni, nel momento in cui Gonzalez ha parlato di sé senza retorica e vittimismo: «Il mio incidente non è stato così grave perché mi ha fatto capire che la vera bellezza del mondo è la vita. In ospedale mi guardavo attorno e mi accorgevo che tanti, fra cui molti bambini, stavano peggio di me, ma non mi facevano mancare un sorriso, una carezza, un gesto di solidarietà. Sono felice ora di essere rientrato nel calcio perché posso regalare a chi mi sta intorno un messaggio bello e positivo. Più di prima penso a Dio e lo ringrazio per avermi salvato. Se oggi posso essere accanto alla mia famiglia, a mia moglie e ai due piccolini, lo devo al suo disegno». Indicibile la commozione che per qualche istante ha impedito a Candido Cannavò – il collega che con Carlo Verdelli, il direttore della rosea, ha voluto il premio - di portare avanti la manifestazione.
Adesso Julio fa l’osservatore nel Vicenza che non gli ha tagliato il contratto, ma l’ha subito rinnovato: così ha voluto il presidente Cassingena, per lui è uno di famiglia. E infatti il figlio Dario - presente alla consegna del premio, una scultura in bronzo di Stefano Pierotti raffigurante lo slancio di Facchetti - ha parlato di lui come di un fratello maggiore. Nel suo futuro però c’è ancora l’ambizione di tornare a fare il calciatore: «Mi alleno con i compagni dopo aver recuperato la capacità di correre senza l’aiuto delle braccia e di riprendere confidenza con un corpo che non è più quello di prima. Un sogno. Ma qualche volta i sogni diventano realtà. Intanto vado avanti con la rieducazione del braccio destro per non dover essere di peso a mia moglie». E lei, Maria Lourdes, una figurina da presepe: «È come se Julio fosse diventato il terzo figlio, anche se un po’ grandicello...».


«Sarà difficile in futuro trovare un campione di sport che ricordi Facchetti in maniera più corretta di lui», ha detto Paolo Mieli trovando un cenno di consenso in Giovanna, la moglie di Giacinto. Proprio vero, nel calcio c’è anche il bello. Alla faccia di Calciopoli che non muore mai.

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