Preso Saif Gheddafi. Farà la fine del padre?

Il secondogenito dell’ex leader libico era in fuga verso il Niger. Ora rischia di essere giustiziato

Preso Saif Gheddafi. Farà la fine del padre?

L’ultima brutta gatta da pelare per la Nato è il prigioniero Saif al Islam. I guerriglieri di Zintan, quelli delle montagne al confine con la Tunisia sono andati a prenderselo venerdì sera tra le sabbie di Obari, una sperduta località nel sud della Libia da dove Saif e due luogotenenti cercavano di raggiungere il Niger.

Un filmato girato a bordo dell’aereo che lo trasporta a Zintan ritrae il figlio di Gheddafi con un turbante, una lunga barba nera, abiti tradizionali e una vistosa fasciatura a tre dita della mano destra. Una ferita, quella alla mano, subita il 19 ottobre durante la fuga dall’assedio di Bani Walid, 800 chilometri più a nord, quando la colonna di Saif viene colpita dalla Nato. Una circostanza avvalorata dalle dichiarazioni raccolte da una giornalista infilatasi sull’aereo con cui Saif viene trasferito a Zentan. Quando lei chiede se stia bene lui risponde «sì». Quando chiede della ferita lui mugugna: «Aviazione, aviazione», facendo intendere di esser stato colpito durante la fuga da Bani Walid. Da allora di lui non si sa nulla di certo. Le voci lo danno per morto, vivo ma senza un braccio, salvo all’estero o intento a trattare la propria consegna alla Corte Internazionale dell’Aia. Pochi scommettono sul fatto che sia ancora bloccato tra le sabbie del Sahara e il confine con il Niger. Gli unici a crederci sono i guerriglieri di Zintan. «Un informatore ci aveva fatto sapere che era lì da un mese e noi avevamo un buon piano per non farcelo scappare» - racconta Wisam Deghali, un militante della brigata che batte palmo a palmo la zona. Il rampollo del raìs - secondo Deghali - non tenta né di fuggire né di resistere, si arrende non appena capisce di essere in trappola.

Il prigioniero Saif minaccia ora di trasformarsi in una nuova fonte d’imbarazzo per la Nato. Soprattutto se alla cattura faranno seguito un processo superficiale o un’esecuzione sommaria analoga a quella subita da papà Muammar. Timori immediatamente avvalorati dai disordini scoppiati durante il trasferimento all’aeroporto quando una folla minacciosa cerca di impossessarsi del prigioniero invocando una giustizia sommaria e immediata. Di certo nessuno in Libia sembra disposto a consegnare Saif alla Corte Internazionale. Il ministro della Giustizia del Consiglio di Transizione Mohammed al Alagui annuncia che presto verrà trasferito a Tripoli e quello dell’informazione Mahmoud Shammam aggiunge che verrà processato lì. Affidandolo ai magistrati dell’Aia i rappresentanti del Consiglio Nazionale di Transizione verrebbero accusati di beffare la giustizia popolare per compiacere quella occidentale. Con grande gioia dei fondamentalisti che potrebbero definirli amici dei miscredenti.

Per i guerriglieri delle montagne di Zintan il prigioniero Saif è invece la gallina dalle uova d’oro. Detenendolo e trattandone la consegna riscatteranno la frustrazione per non essersi visto riconoscere il merito di aver aperto quella strada per Tripoli che portò, ad agosto, alla capitolazione del regime. Oscurati dal peso politico del Cnt, unico interlocutore riconosciuto dalla diplomazia internazionale, e da quello militare delle milizie islamiche appoggiate dal Qatar, i guerriglieri di Zintan hanno fin qui dovuto accontentarsi di un ruolo di secondo piano. La cattura di Saif cambia le carte in tavola e annuncia l’imminente riscatto. Con quell’asso nella manica i guerriglieri di Zintan possono contrattare il proprio ruolo all’interno del governo di transizione la cui formazione potrebbe venir annunciata oggi stesso.

Consegnandolo o meno al Cnt di Bengasi possono garantirsi un consistente numero di ministri e rappresentanti all’interno del nuovo esecutivo. Ma non solo.

Saif al Islam è anche uno dei pochi a conoscere gli intermediari e i santuari utilizzati per sottrarre le ricchezze della famiglia Gheddafi alle sanzioni e ai blocchi internazionali. Acquisendone le confessioni e i racconti i miliziani delle Montagne Occidentali potrebbero esser i primi a mettere le mani sui tesori nascosti del defunto Colonnello.

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