La prevenzione nei comuni del Lazio fa acqua da tutte le parti

La ricerca di Legambiente svela che l'83 per cento ha nel proprio territorio abitazioni in aree pericolose per frane a alluvioni. Ma solo il 14 per cento delle amministrazioni svolge un lavoro positivo di mitigazione del rischio idrogeologico

Il Lazio è una regione fragile. L'83 per cento dei comuni, infatti, ha nel proprio territorio abitazioni in aree a rischio frana o alluvione. Un dato allarmante, che diventa drammatico se si considera che di questi il 43 per cento vi ha costruito interi quartieri, il 26 edificato strutture sensibili o ricettivo-turistiche, mentre più del 65 per cento conta fabbricati industriali e questo comporta il rischio anche di sversamenti di prodotti inquinanti nelle acque e nei terreni.
A fare il quadro della situazione è «Ecosistema Rischio 2009», l'indagine sulle attività delle amministrazioni comunali per la mitigazione del rischio idrogeologico. I dati sono stati presentati ieri, nell'ambito della pulizia delle sponde del Tevere, in zona Magliana, con cui si si sono concluse le giornate nazionali di «Operazione Fiumi», la campagna per l'adattamento ai mutamenti climatici e la mitigazione del rischio idrogeologico di Legambiente e del Dipartimento della protezione civile.
Purtroppo la ricerca svela che solo il 14 per cento dei Comuni svolge un lavoro positivo per cercare di ridurre il rischio idrogeologico, mentre è altissima la soglia di quelli che non fanno nulla, ovvero il 60 per cento. L'amministrazione più attenta nella prevenzione è quella di Priverno, in provincia di Latina, che ha dato il via a interventi di delocalizzare delle abitazioni presenti nelle zone esposte a maggiore pericolo, guadagnando un punteggio virtuale di 8 e il giudizio «buono». In fondo alla classifica redatta da Legambiente ci sono Concerviano (Ri), Villa Santa Lucia (Fr) e Vejano (Vt). Sotto la sufficienza, invece, Frosinone e Roma, che meritano un bel 5.5 e Rieti che ottiene 5.
«I dati evidenziano nella regione una situazione preoccupante - dichiara Cristiana Avenali, direttrice di Legambiente Lazio - il nostro territorio è molto fragile e i temporali di portata più intensa provocano, nel migliore dei casi, allagamenti e disagi per la popolazione. Nella stessa classifica stilata nel 2003 dal Ministero dell'Ambiente e dall'Upi sono considerati a rischio idrogeologico 366 Comuni, ovvero il 97 per cento del totale, di cui 234 a rischio frana, 3 a rischio alluvione e ben 129 a rischio sia frane che alluvioni. Questa fragilità è attribuibile a un uso sconsiderato e irresponsabile del territorio e delle acque. Sempre più spesso abitazioni, insediamenti industriali e attività agricole e zootecniche vengono realizzati proprio a ridosso degli argini dei fiumi». «Le amministrazioni comunali e la Regione Lazio - prosegue l'esperta - oltre al lavoro di protezione civile, devono attivare interventi di delocalizzazione, completando per tutti i Comuni la realizzazione dei piani di emergenza e investendo su interventi di messa in sicurezza del territorio, accompagnati da attività di formazione e informazione dei cittadini».
Anche sulla «gestione del territorio» non c'è molto da dire. Il 57 per cento dei Comuni intervistati non svolge una regolare opera di manutenzione delle sponde dei corsi d'acqua e delle opere di difesa idraulica, mentre solo il 69 per cento ha realizzato opere di messa in sicurezza, che comunque non devono trasformarsi in alibi per continuare a costruire nelle aree golenali. Ma soprattutto è bassa (60 per cento), rispetto ad altre zone del nostro Paese, la percentuale di amministrazioni che si è dotata di piani urbanistici che prevedano il divieto di costruire nelle aree a rischio idrogeologico.

Notevoli ritardi anche per quanto riguarda l'informazione e formazione dei cittadini, visto che soltanto il 26 per cento delle amministrazioni ha organizzato iniziative di sensibilizzazione e solo il 17 ha messo in piedi esercitazioni.

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