Primarie, Bindi e Letta a Veltroni: fuori i nomi di chi votò nel 2005

I due candidati al vertice del Pd temono un uso «clientelare» della lista degli elettori

Primarie, Bindi e Letta a Veltroni: fuori i nomi di chi votò nel 2005

da Roma

Al telefono Rosy Bindi sbotta, e non la manda a dire: «Parliamoci chiaro. Io non credo che ci siano dubbi. Primo: gli elenchi dei votanti alle primarie ci sono, eccome. Secondo: ce li devono dare, punto. Terzo: se non ce li danno, allora non c’è alternativa. Devono spedire anche i materiali informativi di tutti e sei i candidati. A spese dei partiti!». Mica facile. Perché proprio ieri, sollevato da un altro candidato leader, Enrico Letta, si è riaperto uno dei gialli più intricati della politica italiana: la sparizione degli elenchi di 4 milioni di italiani che hanno votato per Romano Prodi alle primarie: la più grande mailing list d’Italia.
La Bindi fa sentire tutto il peso di un ministro, ed un sottosegretario come Enrico Letta lo aveva denunciato senza giri di parole, in una intervista a Il Messagero ieri mattina: il problema c’è, esiste, riguarda il partito democratico e pone una questione di democrazia: «Ho timore - spiega Letta - che gli elenchi non siano disponibili per tutti. Una cosa che riterrei scorretta». E poi, ancora più netto, il giovane leader della Margherita (che ieri ha aperto la sua campagna con l’inedita formula del comizio-conferenza stampa in spiaggia, in uno stabilimento di Tirrenia) attaccava i vertici di Margherita e Ds: «Dove sono finiti - chiede Letta - gli elenchi delle primarie del 2005? Chi ha questi elenchi? Elenchi di milioni di persone, con indirizzi, nomi e cognomi. Chiedo - aggiunge il sottosegretario - che siano messi a disposizione di tutti i candidati o di nessuno. Sarebbe molto negativo se fossero disponibili solo per qualcuno». Poi l’ultima zampata: «Il vero problema è che le regole delle primarie sono state costruite intorno all’idea di un candidato unico» (ovvero Walter Veltroni).
Il giallo degli elenchi, in realtà, è giunto già alla sua seconda puntata. Dopo il famoso voto che incoronò Romano Prodi, infatti, si parlò una prima volta di questo prezioso documento quando a novembre del 2006, in corrispondenza con i congressi di Margherita e Ds, iniziarono a diventare noti i casi di cittadini che avevano votato alle primarie, e che poi scoprivano di essere stati iscritti «d’ufficio» alla Margherita. In quell’occasione, i responsabili organizzitivi dei due partiti, arrivarono a dire che non avevano copia di chi aveva votato. Difficile a credersi, ovviamente. Ma il principale motivo di tanta reticenza, era (ed è) che apriva un problema non da poco, che suscitò anche una interrogazione di un senatore di Forza Italia, Gaetano Quagliariello: «Al contrario di quel che può sembrare - spiega oggi l’azzurro - quelle liste non sono un problema “privato” dei partiti che hanno convocato la consultazione. C’è una legge che regolamenta gli archivi nominali e i dati senasibili, che deve essere rispettata, e prescrive trasparenza, regole precise. A parte il rilievo penale, che riguarda la magistratura - osserva Quagliariello - ci sono già gli estremi per un intervento del Garante». Intanto ieri Francesco Rutelli, uno che forse quelle liste ce le ha, annunciava di essere arrivato ai 10mila sottoscrittori per il suo documento dei coraggiosi, con arruolamenti speciali, da Roberto Boninsegna a Renzo Arbore, da Simona Marchini a Tony Esposito e Franca Valeri. Su chi sia l’attuale detentore degli elenchi, invece, non ha dubbi uno dei candidati extra-apparato, il blogger Mario Adinolfi: «Smettiamola di scherzare: la lista di chi ha votato alle primarie è ben custodita da Ugo Sposetti, il tesoriere della Quercia. Beh, io di prepotenze non ne sopporto più: chiediamogli insieme di renderli accessibili a tutti i candidati». Anche Adinolfi pone il problema di una competizione ìmpari: «Ci sono tanti “bachi” che nel regolamento che danneggiano la partita di chi non si chiama Veltroni. Il primo tema sono gli organismi di garanzia. Io lì dentro, non sono certo tutelato».
Ma c’è anche chi, come i verdi Paolo Cento e Angelo Bonelli, pongono un altro problema di principio sulla consultazione degli elenchi: «Noi siamo contrari all’ipotesi che possano essere usati dai candidati alla segreteria del Partito Democratico. In quegli elenchi, infatti, sono presenti gli elettori di tutti i partiti dell’Unione, tra cui i Verdi e gli altri partiti della coalizione».

Aggiunge il capogruppo Bonelli: «È un fatto grave anche solo averci pensato: quegli elenchi, infatti, non sono nella disponibilità del Partito Democratico, usarli per la corsa alla leadership non sarebbe solo un fatto politico gravissimo, ma rappresenterebbe anche una violazione della privacy dei cittadini che hanno partecipato alle primarie per il premier dell’Unione». È irta di spine la strada delle primarie.

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