IL PROCESSO DEL GIOVEDÌ

Un’attrice famosa a far la parte di Veronica, due speaker a buon mercato per recitare le interviste di Noemi. Fiction e pantomime, marionette, caratteristi e docu-ricostruzioni: non avendo in mano null’altro che la propria bile, Michele Santoro è costretto ad affidarsi ai trucchi di scena, antichi artifici di uno sporco mestiere. Se voleva assestare un colpo mortale a Berlusconi, non ci riesce. Al massimo, assesta un colpo mortale alla sua trasmissione, che nasce con il nobile presupposto di difendere la dignità del corpo femminile e finisce per fare carne di porco di una ragazza di 18 anni, messa alla berlina, offesa e umiliata, in virtù della sua gravissima colpa: aver detto «papi».
È da una settimana che i grandi soloni della Tv politicamente corretta s’indignano contro l’uso del corpo delle donne. E per farlo abusano (televisivamente parlando) del corpo delle donne. Ha cominciato Gad Lerner a sguazzare compiaciuto tra le tette, poi è stata la volta di Ballarò, ieri sera si è raggiunto il vertice, con un Santoro che faceva declamare le lettere di Veronica manco fossero Shakespeare, l’annuncio del divorzio come se fosse un canto della Divina Commedia. Il gossip trasformato in rappresentazione scenica, il guardonismo che diventa atto unico. Su il sipario, si recita a soggetto. E anche un po’ a sospetto.
Noemi, la 18enne di Napoli che ha avuto il premier Berlusconi ospite al suo compleanno, è stata trattata, dai fanatici del rispetto delle donne, come una poco di buono, dall’inizio alla fine della trasmissione. La telecamera indugiava sempre sulle sue parti basse, il suo book di foto (realizzato quando aveva 15 anni) è diventato prova inoppugnabile di mignotteria. Un’inviata ha provato ad aggredirla seguendola a scuola, lei ha taciuto. Allora sono andati a intervistare il suo preside: «È una ragazza perbene», ha detto lui. E loro: «Ma come perbene? Con quelle foto... ». E giù a indugiare sui dettagli anatomici per dire che no, non può essere una persona perbene, chi a 15 anni sogna di fare la modella.
Trucco e barbatrucco, la trasmissione si è così trasformata immediatamente in una specie di Processo del Lunedì per comari inacidite, con Santoro nei panni di Biscardi (pure i capelli ormai si assomigliano), sempre alla ricerca di uno «sgub» che non arrivava, e gli ospiti aizzati alla rissa come Elio Corno e Tiziano Crudeli qualsiasi. C’è tutto per rifare la trasmissione trash-cult di Biscardi: il moviolone del trasferimento del premier (l’elicottero era in fuorigioco oppure no?), la valletta porgimicrofono Granbassi, Travaglio che lancia le bombe e fa il gioco del pendolino come Maurizio Mosca e i collegamenti con Sandro Ruotolo, che in effetti sembra un incrocio fra Luigi Necco e Tonino Carino. Il pubblico, naturalmente, come in ogni Processo del Lunedì, fa il tifo per il suo Biscardi, ulula, mormora, applaude. Partecipa al gioco, in attesa, s’intende, della scheda di Nesti e delle ultime clamorose notizie dal calciomercato.
Nel trionfo del kitsch, ovviamente, si trova a suo agio il direttore di Novella 2000, Candida Morvillo. L’avvocato Ghedini lotta come un leone rintuzzando colpo su colpo. Barbara Palombelli si autocita. E l’onorevole Bonino fa un po’ l’annoiata e un po’ la scandalizzata, lei che deve occuparsi di questi argomenti così bassi, lei che deve parlare di questi buzzurri che mettono in lista per il Parlamento europeo delle presunte veline. Mica come i suoi radicali, che in Parlamento hanno sempre portato solo ed esclusivamente specchiati intellettuali. Come Cicciolina, per esempio.
Ma certo: è uno scandalo che vengano scelti candidati pennacchio, personaggi della Tv, come dice Concita De Gregorio, direttore dell’Unità. E Michele Santoro, già candidato pennacchio, inevitabilmente onorevole e personaggio tv, annuisce: eccome no, è uno scandalo. Così quando uno del pubblico ricorda che la Margherita candidò Flavia Vento, in studio cala un momento d’imbarazzo. Ma l’imbarazzo passa, Santoro resta. E continua a spandere veleni.
Finisce così. Finisce con una vaga sensazione di disgusto, l’impressione di un uso violento della Tv. Finisce con Noemi trattata come un avanzo di marciapiede, la verità maciullata come ogni settimana, forse ancor più di ogni settimana. E Santoro che, come dice Cossiga, applica il suo schema preferito, quello di Goebbels: poche menzogne, ma ripetute spesso.

Se però voleva creare la gran madre di tutte le polemiche, se voleva l’incidente finale per farsi cacciare, ebbene, non ci riuscirà neppure questa volta. Più acquista in faziosità, più perde in bravura: ha cominciato dicendo che voleva evitare il buco della serratura. Però non riesce a evitare, almeno da questo punto di vista, il buco nell’acqua.

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