Prodi mette paura alla Quercia poi accetta una tregua armata

Le voci (smentite) di una lista del leader dell’Unione agitano i Ds. Ma una telefonata tra il Professore e D’Alema riporta la calma. Per ora

Luca Telese

da Roma

«Sia chiaro, Prodi non sta minimamente pensando di fare una lista Prodi». Sono quasi le sei di sera, è già successo di tutto e di più dentro le ribollenti acque dell’Unione, quando ieri Silvio Sircana, portavoce del leader dell'Unione, fa circolare questo striminzito comunicato per cercare di fermare una deflagrazione ancora più grande. In realtà è un grande cerchio quello che viene chiuso dal comunicato del portavoce.
Due giorni fa erano state le stesse fonti prodiane a far circolare l’ipotesi di una possibile separazione, rivelata dal Giornale e dal Corriere della sera. E proprio questa fuga di notizie aveva alimentato un grande valzer di timori e rabbia, una partita di braccio di ferro che ha tenuto il centrosinistra con il fiato sospeso: l’ipotesi di una lista autonoma del Professore, o patrocinata da lui (magari sfruttando il contenitore delle liste civiche già bell’è pronto) per separarsi dai rabbiosi alleati dei Ds; gli stessi che in quelle ore reagivano con stizza (in pubblico) e con rabbia (in privato) alla sua lettera di dissociazione sull’Unipol. Un cortocircuito che era stato alimentato anche dalla reazione durissima consegnata da Massimo D’Alema alla Repubblica. Infatti il presidente dei Ds ieri aveva mandato una risposta chiara alla lettera prodiana: «Giochiamo a tre punte anche noi, come il Polo, e poi vediamo chi vince».
Il fatto è che il puzzle delle posizioni intorno all’Unipol-gate ormai è così complesso che ha bisogno di un interprete per poter essere decrittato: non Ds contro Margherita, come si potrebbe pensare a prima vista. Ma piuttosto: gli uomini della «nuova questione morale» contro quelli della «realpolitik», prodiani e sinistra Ds (ad esempio il Correntone che in queste ore ha fatto sentire tutto il suo calore al Professore di Bruxelles) contro dalemiani e fassiniani (che si trovano sulla stessa barca, e nello stesso fascicolo di intercettazioni). Poi, in posizione intermedia c’è un pezzo consistente di Margherita (ad esempio rutelliani come Dario Franceschini, ad esempio gli uomini dell’ala mariniana come Beppe Fioroni). Il deputato centrista, tanto per dire ieri ha aggiustato il tiro con un’intervista al quotidiano del suo partito, Europa: «Non serve un ennesimo partitino». E ancora nel pomeriggio spiegava con salomonica perizia: «Allora, mettiamola così: non penso che Prodi voglia fare davvero un’altra lista. Ma non penso nemmeno che voglia aggredire i Ds». Insomma, Fioroni fa capire che è stato un duello di deterrenza: sia D’Alema che Prodi hanno mostrato i denti e minacciato di correre per conto proprio, per spaventare l’alleato rivale, ma ben sapendo che il processo unitario non può più fermarsi. Sulla stessa lunghezza d’onda le parole di Franceschini: «Mi pare che prima di Natale il centrosinistra abbia deciso la squadra sia per la Camera che per il Senato. Adesso riaprire l'argomento sarebbe solo un atto autolesionistico».
Così ieri, alla fine della serata, dopo il tanto digrignare dei denti, il ritrovato idillio veniva suggellato dall’indiscrezione pilotata ad arte, la velina che raccontava di «una telefonata amichevole e serena» tra lo stesso D’Alema e lo stesso Prodi (sarebbe meraviglioso potere leggere l’intercettazione, per rivivere questa armoniosa intesa). Poco dopo si aggiungeva addirittura una nota ufficiale dell’ufficio stampa Ds: «È stato un colloquio utile e cordiale che ha chiarito le rispettive posizioni e diradato ogni ombra di presunti contrasti all'interno dell'Ulivo, in un rinnovato impegno della coalizione di centrosinistra per battere la Casa delle libertà nelle elezioni della prossima primavera». Meravigliosa corrispondenza di amorosi sensi, a leggere queste parole.
La realtà però è meno idilliaca. Sia Ds che Margherita, per esempio, attendono con apprensione le prime parole di Rutelli, che ieri è tornato da Mauritius e che certo non se ne resterà in silenzio. Anche perché, l’ex sindaco di Roma, può tornare a far pesare la sua forza, sapendo che fra i due schieramenti il piatto peserà dove lui schiererà le sue truppe. Certo non lasciavano presagire bene, per il Botteghino, le sue parole su Europa, quelle in cui ha già premesso: «Non si vince con una coalizione di sinistra-centro», e con cui aggiungeva: «La storia di sessant'anni di Repubblica ci insegna che la maggioranza degli italiani non ha mai votato a sinistra». La prossima scadenza, è per tutti, quella della direzione dei Ds, fissata per mercoledì 11. Ma proprio per evitare che l’assise dei Ds divenga una sorta di «Giudizio universale», ieri Prodi ha messo in cantiere un’altra contromossa: un vertice di coalizione che dovrebbe precedere quell’appuntamento disinnescando i contraccolpi che potrebbe avere sulla coalizione.

Quello che in queste ore tutti ti ripetono è: per adesso non si muove nulla. Ben sapendo che può bastare la pubblicazione di un sms compromettente a Consorte per far saltare il castello di carte della mediazione, e riaccendere lo spettro delle liste separate.

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